Approvato all’unanimità. L’accordo stipulato ieri tra la Fincantieri e le organizzazioni sindacali di categoria, dopo la lettura da parte del segretario provinciale della Fiom Cgil Franco Grondona e le spiegazioni nei passaggi più importanti, è stato approvato con un applauso dai lavoratori riuniti stamattina in assemblea nello stabilimento di Sestri. Tutti in piedi. Il piano è stato così firmato ufficialmente alle 11 in Confindustria Genova da azienda e rappresentanti sindacali.
Il durissimo lavoro di cesellatura, lo scontro, il filo della rottura tenuto ieri per 11 ore, da mezzogiorno alle 23, nella sala al terzo piano di Confindustria a Brignole con la folta delegazione aziendale dall’altrettanto folta, agguerrita e per una volta unitaria delegazione sindacale, ha pagato. Forse di più a casa non si poteva portare. «I lavoratori hanno capito benissimo - commenta Bruno Manganaro, segretario genovese della Fiom - che cosa vuol dire essere usciti con l’intero organico dei 740 lavoratori genovesi del cantiere ancora in forze. Volevano 330 esuberi, ovvero 330 persone da mettere in mobilità e quindi fuori dall’azienda. Abbiamo chiuso con un documento che parla di 330 “eccedenze temporanee”, cioè persone che al momento non servono in produzione e quindi vanno in cassa integrazione e la mobilità volontaria per 60 dipendenti. Ma in cassa c’è tutto il cantiere lo stesso! Non dimentichiamo che siamo partiti da un’ipotesi di chiusura, poi da una sospensione di due anni e abbiamo tenuto sempre duro. Pensiamo che questo sia un buon risultato».
Di dura vertenza parla il commento ufficiale della Fiom genovese espresso in un comunicato, in cui si legge fra l'altro che «a fronte di una richiesta iniziale di 370 esuberi strutturali, l'accordo prevede la mobilità volontaria per 60 dipendenti e la continuità produttiva del cantiere attraverso il nuovo ruolo di "polo pantieristico polifunzionale". Gli esuberi strutturali, ostacolo sul quale si è inasprita la discussione, sono stati identificati dall'azienda come eccedenze che, allo stato dei carichi di lavoro, sono di 330 unità, nell'ambito di quanto verrà gestito dagli accordi di Cassa integrazione straordinaria, senza che ciò dia origine ad esodi definitivi, se non sulla base del criterio di non opposizione, ossia su base volontaria del dipendente».
Il buon risultato, tradotto – se non ci saranno sorprese - è che innanzitutto l’organico genovese rimane formalmente intatto: 740 persone, che faranno cassa integrazione insieme o a rotazione secondo i carichi di lavoro. Le uscite volontarie (sessanta) saranno agevolate con tutti i mezzi, dai prepensionamenti (se saranno possibili visti gli orientamenti governativi), alla mobilità interna, o altre soluzioni "non traumatiche" per i lavoratori. Poi, consegnata in aprile l’Oceania, ovvero l’ultima nave in produzione, ci sarà una sospensione di quattro mesi (cassa) fino a settembre, quando dovrebbero iniziare la costruzione di una nave autoaffondante, ovvero una chiatta con prua e poppa, supertecnologica, che somiglia a un bacino galeggiante. Sette mesi di lavoro per 300 persone, ovvero un’alternanza dalla "cassa" a gruppi fino a marzo 2013.
Secondo l'accordo inoltre, dopo la nave semi-sommergibile, potrebbe arrivare la costruzione di una piattaforma galleggiante per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per un totale di 180 mila ore/lavoro.
Quindi - e qui comincia una prima incognita che dovrà vedere l’impegno del governo, dell’azienda, degli enti locali e di tutte le istituzioni che stanno appoggiando la lotta per la sopravvivenza del cantiere genovese - entra in ballo la definizione che ha finalmente dato Fincantieri della mission dello stabilimento sestrese, che dovrebbe costruire navi da crociera o parti di queste, dedicarsi alla carpenteria e alle navi speciali, quelle dell’ultima generazione dotate di alta tecnologia. E questo presuppone da un lato la capacità di cercare lavoro sui marcati internazionali, dall’altro la necessità di fare da pungolo continuo affinché questo succeda. Per non rischiare di ritrovarsi, nella prossima primavera, punto e a capo, ovvero senza prospettive di lavoro.
Per Franco Grondona, segretario generale della fiom genovese «la nostra attenzione resta alta anche in relazione alle problematiche legate alle ditte d'appalto».
Ma contemporaneamente, perché l'accordo venga realizzato compiutamente, è assolutamente irrinviabile rendere i Cantieri capaci di affrontare i nuovi carichi di lavoro, allargarli, modernizzarli: ovvero realizzare il ribaltamento a mare, l’opera che darà nuovi spazi operativi e tecnologici, per la quale è convocato un nuovo incontro a Roma, in sede ministeriale, il 27 febbraio.
«Esprimo grande soddisfazione - è il commento a caldo del sindaco Marta Vincenzi - anche perché un mancato accordo avrebbe paralizzato per mesi l’attività della città. Non è una prospettiva straordinaria, ma è pur sempre una prospettiva di tenuta, dalla quale si deve ripartire per chiedere quello che abbiamo sempre chiesto: reali capacità di proposta e diversificazione vera. In tempi rapidi va fatto il ribaltamento a mare, che diventa ancora più essenziale in questo momento, perché è la precondizione per poter diversificare e fare funzionare lo stabilimento. Ora la cosa è nella mani della autorità portuale, che spero non perda tempo».
Il durissimo lavoro di cesellatura, lo scontro, il filo della rottura tenuto ieri per 11 ore, da mezzogiorno alle 23, nella sala al terzo piano di Confindustria a Brignole con la folta delegazione aziendale dall’altrettanto folta, agguerrita e per una volta unitaria delegazione sindacale, ha pagato. Forse di più a casa non si poteva portare. «I lavoratori hanno capito benissimo - commenta Bruno Manganaro, segretario genovese della Fiom - che cosa vuol dire essere usciti con l’intero organico dei 740 lavoratori genovesi del cantiere ancora in forze. Volevano 330 esuberi, ovvero 330 persone da mettere in mobilità e quindi fuori dall’azienda. Abbiamo chiuso con un documento che parla di 330 “eccedenze temporanee”, cioè persone che al momento non servono in produzione e quindi vanno in cassa integrazione e la mobilità volontaria per 60 dipendenti. Ma in cassa c’è tutto il cantiere lo stesso! Non dimentichiamo che siamo partiti da un’ipotesi di chiusura, poi da una sospensione di due anni e abbiamo tenuto sempre duro. Pensiamo che questo sia un buon risultato».
Di dura vertenza parla il commento ufficiale della Fiom genovese espresso in un comunicato, in cui si legge fra l'altro che «a fronte di una richiesta iniziale di 370 esuberi strutturali, l'accordo prevede la mobilità volontaria per 60 dipendenti e la continuità produttiva del cantiere attraverso il nuovo ruolo di "polo pantieristico polifunzionale". Gli esuberi strutturali, ostacolo sul quale si è inasprita la discussione, sono stati identificati dall'azienda come eccedenze che, allo stato dei carichi di lavoro, sono di 330 unità, nell'ambito di quanto verrà gestito dagli accordi di Cassa integrazione straordinaria, senza che ciò dia origine ad esodi definitivi, se non sulla base del criterio di non opposizione, ossia su base volontaria del dipendente».
Il buon risultato, tradotto – se non ci saranno sorprese - è che innanzitutto l’organico genovese rimane formalmente intatto: 740 persone, che faranno cassa integrazione insieme o a rotazione secondo i carichi di lavoro. Le uscite volontarie (sessanta) saranno agevolate con tutti i mezzi, dai prepensionamenti (se saranno possibili visti gli orientamenti governativi), alla mobilità interna, o altre soluzioni "non traumatiche" per i lavoratori. Poi, consegnata in aprile l’Oceania, ovvero l’ultima nave in produzione, ci sarà una sospensione di quattro mesi (cassa) fino a settembre, quando dovrebbero iniziare la costruzione di una nave autoaffondante, ovvero una chiatta con prua e poppa, supertecnologica, che somiglia a un bacino galeggiante. Sette mesi di lavoro per 300 persone, ovvero un’alternanza dalla "cassa" a gruppi fino a marzo 2013.
Secondo l'accordo inoltre, dopo la nave semi-sommergibile, potrebbe arrivare la costruzione di una piattaforma galleggiante per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, per un totale di 180 mila ore/lavoro.
Quindi - e qui comincia una prima incognita che dovrà vedere l’impegno del governo, dell’azienda, degli enti locali e di tutte le istituzioni che stanno appoggiando la lotta per la sopravvivenza del cantiere genovese - entra in ballo la definizione che ha finalmente dato Fincantieri della mission dello stabilimento sestrese, che dovrebbe costruire navi da crociera o parti di queste, dedicarsi alla carpenteria e alle navi speciali, quelle dell’ultima generazione dotate di alta tecnologia. E questo presuppone da un lato la capacità di cercare lavoro sui marcati internazionali, dall’altro la necessità di fare da pungolo continuo affinché questo succeda. Per non rischiare di ritrovarsi, nella prossima primavera, punto e a capo, ovvero senza prospettive di lavoro.
Per Franco Grondona, segretario generale della fiom genovese «la nostra attenzione resta alta anche in relazione alle problematiche legate alle ditte d'appalto».
Ma contemporaneamente, perché l'accordo venga realizzato compiutamente, è assolutamente irrinviabile rendere i Cantieri capaci di affrontare i nuovi carichi di lavoro, allargarli, modernizzarli: ovvero realizzare il ribaltamento a mare, l’opera che darà nuovi spazi operativi e tecnologici, per la quale è convocato un nuovo incontro a Roma, in sede ministeriale, il 27 febbraio.
«Esprimo grande soddisfazione - è il commento a caldo del sindaco Marta Vincenzi - anche perché un mancato accordo avrebbe paralizzato per mesi l’attività della città. Non è una prospettiva straordinaria, ma è pur sempre una prospettiva di tenuta, dalla quale si deve ripartire per chiedere quello che abbiamo sempre chiesto: reali capacità di proposta e diversificazione vera. In tempi rapidi va fatto il ribaltamento a mare, che diventa ancora più essenziale in questo momento, perché è la precondizione per poter diversificare e fare funzionare lo stabilimento. Ora la cosa è nella mani della autorità portuale, che spero non perda tempo».