Ai magistrati che hanno indagato sul comportamento di una parte della polizia impegnata durante il G8, è giunta nei giorni scorsi una lettera di pesanti minacce: si tratta dei pm Enrico Zucca, Vittorio Ranieri Miniati, Patrizia Petruzziello e Francesco Cardona Albini, che hanno seguito i maxi-processi seguiti ai fatti del 2011. La lettera, come ha confermato, secondo l'agenzia Agi, il procuratore genovese Michele di Lecce, è stata recapitata direttamente in tribunale.
Con ogni probabilità è giunta il 29 marzo, alla vigilia della proiezione della prima del film “Diaz, non lavate questo sangue”, dedicato all'assalto nella scuola genovese da parte della Ps. La pellicola, di Daniele Vicari, prodotta da Domenico Procacci, era stata presentata in anteprima nazionale (dopo Berlino, in febbraio, nell'ambito del Festival in cui ha ricedvuto un premio) proprio nel capoluogo ligure, e ricostruisce il pestaggio effettuato dagli agenti nell'istituto scolastico di via Cesare Battisti in Albaro, dove dormivano centinaia di persone, in maggioranza ragazzi, italiani e stranieri: due furono ridotte quasi in fin di vita e novanta, tra le quali un giornalista e un sessantenne, furono pestate a sangue senza alcun motivo.
La notizia della lettera di minacce è stata rivelata dal quotidiano “Il Secolo XIX”, che ricorda come fra l'11 e il 15 giugno prossimo la Corte di Cassazione emetterà il verdetto definitivo del processo, che in secondo grado ha visto la condanna di 25 imputati su 27 per una pena complessiva a 85 anni di reclusione (in primo grado invece, le condanne erano state solo 13 per 35 anni e 7 mesi).
Sull'episodio è stata aperta un'inchiesta, per minacce gravi, contro ignoti, su cui indaga la Digos. Da alcune indiscrezioni circolate, fra le frasi contenute nella lettera ci sarebbero riferimenti all'omicidio Giuliani e al fatto che il carabiniere che sparò il colpo fatale che uccise il ragazzo in piazza Alimonda sia in libertà. Ma verrebbero ritenute dagli inquirenti non attendibili, ovvero un tentativo di depistaggio.
Il nostro quotidiano, in occasione del decennale del G8, ha intervistato due volte il sostituto procuratore Enrico Zucca: sull'illegalità e la devianza di Stato e sulla solitudine della magistratura.
Riproponiamo in quest'occasione la sua testimonianza.
Con ogni probabilità è giunta il 29 marzo, alla vigilia della proiezione della prima del film “Diaz, non lavate questo sangue”, dedicato all'assalto nella scuola genovese da parte della Ps. La pellicola, di Daniele Vicari, prodotta da Domenico Procacci, era stata presentata in anteprima nazionale (dopo Berlino, in febbraio, nell'ambito del Festival in cui ha ricedvuto un premio) proprio nel capoluogo ligure, e ricostruisce il pestaggio effettuato dagli agenti nell'istituto scolastico di via Cesare Battisti in Albaro, dove dormivano centinaia di persone, in maggioranza ragazzi, italiani e stranieri: due furono ridotte quasi in fin di vita e novanta, tra le quali un giornalista e un sessantenne, furono pestate a sangue senza alcun motivo.
La notizia della lettera di minacce è stata rivelata dal quotidiano “Il Secolo XIX”, che ricorda come fra l'11 e il 15 giugno prossimo la Corte di Cassazione emetterà il verdetto definitivo del processo, che in secondo grado ha visto la condanna di 25 imputati su 27 per una pena complessiva a 85 anni di reclusione (in primo grado invece, le condanne erano state solo 13 per 35 anni e 7 mesi).
Sull'episodio è stata aperta un'inchiesta, per minacce gravi, contro ignoti, su cui indaga la Digos. Da alcune indiscrezioni circolate, fra le frasi contenute nella lettera ci sarebbero riferimenti all'omicidio Giuliani e al fatto che il carabiniere che sparò il colpo fatale che uccise il ragazzo in piazza Alimonda sia in libertà. Ma verrebbero ritenute dagli inquirenti non attendibili, ovvero un tentativo di depistaggio.
Il nostro quotidiano, in occasione del decennale del G8, ha intervistato due volte il sostituto procuratore Enrico Zucca: sull'illegalità e la devianza di Stato e sulla solitudine della magistratura.
Riproponiamo in quest'occasione la sua testimonianza.