Guerrazzi, la rabbia dentro
contro l'omologazione e il potere

Era sempre l’operaio dell’Ansaldo che non rinunciava alla legittimità dei sogni e a un’utopia mai descritta ma perseguita con caparbia. Di quella capacità di dissacrare, di restituire umanità agli uomini oggi in realtà ne avremmo straordinario bisogno.

Guerrazzi salone torino 2010
Vincenzo Guerrazzi o dell’assalto al cielo. Nei suoi libri e nei suoi quadri soprattutto la rabbia. Una rabbia profonda contro l’omologazione, l’alienazione, il potere. Operaio, autodidatta, protagonista di una stagione che rompeva con la cultura istituzionale e accademica per dare voce all’urlo rivoluzionario, alla ricerca di un linguaggio che non fosse riconciliazione sociale ma lotta al sistema. Sistema che per Vincenzo non era soltanto quello capitalistico, del comando in fabbrica, dell’estetica borghese ma anche della retorica politica della sinistra, delle burocrazie sindacali e di partito.
Vincenzo non si faceva chiudere in recinti ideologici, non accettava il perbenismo, il gioco
di regole che portavano a disegnare nuove gerarchie e nuovi conformismi. Controcultura vera la
sua. Nel senso letterale di cultura contro. Fatta di carne, sangue, desideri, sudore. In questo la sua unicità e i suoi successi. Come le sue sconfitte e l’isolamento. Non si adeguava ai tempi Vincenzo.
Non cedeva ai feticci di una società postindustriale e globalizzata. In questo senso era sempre
l’operaio dell’Ansaldo che non rinunciava alla legittimità dei sogni e a un’utopia mai descritta ma
perseguita con caparbia. Con rabbia, appunto. Di quella capacità di dissacrare, di restituire umanità agli uomini oggi in realtà ne avremmo straordinario bisogno.



* L'autore di questo ricordo è Presidente della Fondazione per la Cultura "Palazzo Ducale Genova"
Genova, 22 giugno 2012
Ultimo aggiornamento: 22/06/2012
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