Israele e Palestina nel conflitto dell’acqua
L’Italia: “La soluzione siamo Noi”

Di fronte al conflitto in Medio Oriente sull’acqua l’Italia ha deciso di non chiudere gli occhi. Sono diversi i temi di discussione che hanno animato la sala di Palazzo Tursi: si è parlato di tecnologie, impianti di depurazione e pulitura, ma soprattutto di pace

Testo Alternativo
Israele e Palestina non conoscono tregua. L’acqua, e il controllo delle risorse idriche, sono solo alcune delle cause scatenanti di un conflitto che sembra non avere fine. Ma molti sperano che qualcosa possa cambiare.

Di questo si è parlato al Festival dell’Acqua in occasione della giornata dedicata al tema “Acqua e Pace in Medio Oriente”. All’evento hanno partecipato numerose personalità nazionali e internazionali che insieme hanno cercato delle soluzioni alla piaga di due tra le aree storicamente più travagliate del mondo: dare l’acqua a chi non ce l’ha.
Le cifre parlano chiaro: 1 milione e 300 mila persone, a Gaza, hanno bisogno di acqua, mentre in Cisgiordania sono 350 mila coloro che non hanno accesso diretto alla risorsa idrica.
Questo perché, sostiene Massimo D’Alema, oggi presidente Fondazione Italiani Europei, che ha concluso la giornata di lavori, «Israele non vuole abbandonare il controllo dell’acqua, ma non solo. Il Paese lamenta che nei territori palestinesi manca una politica attenta alla risorsa idrica».
Allora, che fare?

Il Medio Oriente, distrutto dalle guerre, è al limite, e oggi va in cerca di una tregua politica che stabilisca l’ordine economico e sociale, che aiuti i popoli devastati a risollevarsi da una crisi infinita. Israele e Palestina infatti stanno cercando, a fatica – assicurano i loro rappresentanti - di auto-controllarsi in favore della propria sopravvivenza.
Ma sanno che da soli non potranno mai farcela, così a questa richiesta d’aiuto l’Italia risponde: “La soluzione siamo noi”.

Al Festival dell’Acqua di Genova è accaduto qualcosa di molto emblematico e significativo: israeliani e palestinesi  si sono seduti allo stesso tavolo per discutere, e trovare un accordo, su una miccia accesa da più di 50 anni. L’acqua.
Si chiama accordo trilaterale perché vede le due fazioni del Medio Oriente unite da un collante forte e stabile: l’Italia. Come dichiarato da Uri Nusinow, docente del Arava Institute for Environmental Studies: «L’Italia ha ottimi rapporti con Israele, per questo è stata scelta. Il cambiamento ci sarà quando si formerà una nuova classe dirigente capace di condurre la politica verso la pace – e sottolinea – soltanto il vostro Paese potrà aiutarci».
Pozzi, desalinizzazione, depurazione, distribuzione sono solo alcuni dei temi discussi in aula dalle più importanti personalità del mondo Arabo e dell’occidente.

Il sogno di Israele e Palestina, quindi, è uno soltanto: dialogare, ma per farlo hanno bisogno di una figura terza, come sostiene «Che sia in grado di pianificare gli interventi sugli impianti idrici e allo stesso tempo agire sul sistema informativo. Il grande problema dei palestinesi è la carenza di formazione tecnologica: ad oggi non sono in grado di aggiustare i pozzi, e questo è il problema principale. L’Italia deve incitare a trovare delle soluzioni sul piano tecnico» dichiara Walter Mazzitti, rappresentate del Comitato Nazionale per il No ai referendum sull’acqua.  

Che stia arrivando realmente una svolta? Tutto questo si sta concretizzando perché l’Italia, in questo difficile compito, può contare sull’appoggio della Comunità Europea che ha messo in guardia tutti paesi del Mediterraneo: «Il conflitto arabo-israeliano ci coinvolge in prima persona, Israele è un territorio piccolo per questo va alla ricerca di mercati esteri che lo sostengano tecnologicamente. Una delle soluzioni per garantire l’acqua a tutti è la desalinizzazione, ma per costruire impianti di questo tipo c’è bisogno di aiuto da parte dell’Italia» sostiene Gabby Bar, Direttore Regionale Medio Oriente, nell’ambito del commercio estero. Del resto le cifre parlano da sé: un impianto cosa 400 milioni di euro.

Attraverso “Unione per il mediterraneo”, battezzata nel 2008 da 43 capi di Stato e di Governo dei Paesi euro-mediterranei, sembrava arrivata la soluzione, ma invece è proprio sull’acqua che l’Unione si è bloccata.

Le buone intenzioni da parte di tutti non mancano, sulla carta gli accordi sono stati pianificati, ma nei fatti il processo sembra ancora fermo. 

«La guerra si può evitare attraverso la collaborazione e il processo tecnologico che conducono alla salvaguardia e alla corretta distribuzione dell’acqua. In questa maniera migliora la qualità di vita e migliorano i profitti per tutti», dichiara Gabby Bar.

Anche Oded Fixler presidente dell’Autorità dell’acqua dello Stato di Israele è in linea con le parti «L’Italia è la combinazione tra ossigeno e idrogeno, l’acqua è qualcosa che deve essere condiviso e il vostro supporto è totale per la realizzazione di questo progetto».

La risposta dell’Italia è arrivata da Massimo D'Alema: «Serve l’Intervento della cooperazione internazionale e industriale ma soprattutto deve esserci la volontà da parte di Israele e Palestina di accordarsi, altrimenti questi Paesi perdono di credibilità. La soluzione potrebbe arrivare se entrambi mettono in chiare i loro bisogni a livello regionale, così forse scoppierà la pace».
Genova, 7 settembre 2011
Ultimo aggiornamento: 08/09/2011
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