Non si può pensare a Totò che immediatamente lo colleghiamo a Napoli e non si può dire Govi e non pensare a Genova.
Perché Gilberto Govi è Genova. Le sue commedie hanno fatto conoscere, in tutto il mondo, i modi di dire in dialetto genovese. Con ironia, i suoi personaggi hanno scherzato sulle caratteristiche dei genovesi: la proverbiale parsimonia, il gusto per il “mugugno” – brontolio – quando le cose non vanno bene, la scaltrezza negli affari. Tutto questo sempre con grande leggerezza: sapeva far muovere i suoi personaggi con una semplicità e una facilità solo apparenti. In realtà era un vero e proprio talento naturale, sapeva far scaturire il riso anche con una sola espressione o un semplice ammiccamento.
Cinquant’anni dopo la sua morte Gilberto Govi continua a rappresentare una delle figure più note e amate della nostra città, un simbolo con cui viene, ancora oggi, identificata l’anima della terra ligure.
Govi ha utilizzato strumenti che sono quelli universali del grande teatro: una strepitosa mimica facciale, toni stralunati, ritmi straordinariamente efficaci delle battute e caratteri così forti e definiti nei suoi personaggi da costruire un’immagine “storica” di Genova e del genovese, conosciuta a livello internzionale.
Per ricordare questo straordinario interprete, alla Loggia di Banchi è stata allestita la mostra 'L'attore, la maschera, il genovese' che fino al 28 agosto racconta la vita e la carriera di Govi attraverso i materiali storici del lascito Govi forniti dal Museo Biblioteca dell’Attore.
Nell’allestimento, curato da Guido Fiorato, sono esposti anche i mitici bauli delle tournées, i copioni, la ricostruzione del suo camerino e quella del tram way a cavalli che portava gli attori a Bolzaneto, dove si tenevano le prove degli spettacoli.
«Per il Comune di Genova ricordare Gilberto Govi vuol dire restituire alla città tutta la forza di un simbolo: non soltanto un attore, ma anche un’icona di straordinaria energia che incarna tutti i caratteri di una genovesità vissuta nel profondo. La nostra azione è promuovere la città partendo dalle nostre radici e dalla nostra identità. L’occasione delle celebrazioni per Gilberto Govi va esattamente in questa direzione», ha dichiarato l’assessore alla Cultura Carla Sibilla durante la presentazione della mostra ad aprile.
A chi lo accusava di non essersi mai esibito in un repertorio teatrale impegnato o di non avere affrontato argomenti più colti, lui replicava affermando che i teatri erano già pieni di attori impegnati che si atteggiavano in scena ma che non rappresentavano la vita di tutti i giorni.
Lui preferiva raccontare la storia della gente umile, dall'operaio al falegname, e raccontarla con semplicità, facendo divertire (ma anche riflettere) il pubblico fino a farlo ridere di cuore.
Il premio Govi, nato come riconoscimento all’importanza dei dialetti nella cultura italiana, è stato assegnato quest’anno a Luca Zingaretti, lo straordinario commissario Montalbano televisivo, che proprio all’uso della lingua siciliana deve molta parte della sua notorietà.
«Mi fa particolarmente piacere ricevere questo premio – ha commentato l’attore nel ritirare il prestigioso riconoscimento - perchè è dedicato a un grandissimo interprete. Quando studiavo Psicologia all'Università e svolgevo una scuola per diventare psicoterapeuta, ci facevano vedere i film di Gilberto Govi, perchè riusciva, con una battuta, a condensare i concetti. Ero un attore alle prime armi e mi sono subito imbattuto in questa grandezza. È stato un bell'inizio».
«Entrambi utilizziamo il dialetto per recitare – ha spiegato Zingaretti -, ma non vedo altre attinenze. Qui abbiamo un attore che ha fatto grande una lingua».
Perché Gilberto Govi è Genova. Le sue commedie hanno fatto conoscere, in tutto il mondo, i modi di dire in dialetto genovese. Con ironia, i suoi personaggi hanno scherzato sulle caratteristiche dei genovesi: la proverbiale parsimonia, il gusto per il “mugugno” – brontolio – quando le cose non vanno bene, la scaltrezza negli affari. Tutto questo sempre con grande leggerezza: sapeva far muovere i suoi personaggi con una semplicità e una facilità solo apparenti. In realtà era un vero e proprio talento naturale, sapeva far scaturire il riso anche con una sola espressione o un semplice ammiccamento.
Cinquant’anni dopo la sua morte Gilberto Govi continua a rappresentare una delle figure più note e amate della nostra città, un simbolo con cui viene, ancora oggi, identificata l’anima della terra ligure.
Govi ha utilizzato strumenti che sono quelli universali del grande teatro: una strepitosa mimica facciale, toni stralunati, ritmi straordinariamente efficaci delle battute e caratteri così forti e definiti nei suoi personaggi da costruire un’immagine “storica” di Genova e del genovese, conosciuta a livello internzionale.
Per ricordare questo straordinario interprete, alla Loggia di Banchi è stata allestita la mostra 'L'attore, la maschera, il genovese' che fino al 28 agosto racconta la vita e la carriera di Govi attraverso i materiali storici del lascito Govi forniti dal Museo Biblioteca dell’Attore.
Nell’allestimento, curato da Guido Fiorato, sono esposti anche i mitici bauli delle tournées, i copioni, la ricostruzione del suo camerino e quella del tram way a cavalli che portava gli attori a Bolzaneto, dove si tenevano le prove degli spettacoli.
«Per il Comune di Genova ricordare Gilberto Govi vuol dire restituire alla città tutta la forza di un simbolo: non soltanto un attore, ma anche un’icona di straordinaria energia che incarna tutti i caratteri di una genovesità vissuta nel profondo. La nostra azione è promuovere la città partendo dalle nostre radici e dalla nostra identità. L’occasione delle celebrazioni per Gilberto Govi va esattamente in questa direzione», ha dichiarato l’assessore alla Cultura Carla Sibilla durante la presentazione della mostra ad aprile.
A chi lo accusava di non essersi mai esibito in un repertorio teatrale impegnato o di non avere affrontato argomenti più colti, lui replicava affermando che i teatri erano già pieni di attori impegnati che si atteggiavano in scena ma che non rappresentavano la vita di tutti i giorni.
Lui preferiva raccontare la storia della gente umile, dall'operaio al falegname, e raccontarla con semplicità, facendo divertire (ma anche riflettere) il pubblico fino a farlo ridere di cuore.
Il premio Govi, nato come riconoscimento all’importanza dei dialetti nella cultura italiana, è stato assegnato quest’anno a Luca Zingaretti, lo straordinario commissario Montalbano televisivo, che proprio all’uso della lingua siciliana deve molta parte della sua notorietà.
«Mi fa particolarmente piacere ricevere questo premio – ha commentato l’attore nel ritirare il prestigioso riconoscimento - perchè è dedicato a un grandissimo interprete. Quando studiavo Psicologia all'Università e svolgevo una scuola per diventare psicoterapeuta, ci facevano vedere i film di Gilberto Govi, perchè riusciva, con una battuta, a condensare i concetti. Ero un attore alle prime armi e mi sono subito imbattuto in questa grandezza. È stato un bell'inizio».
«Entrambi utilizziamo il dialetto per recitare – ha spiegato Zingaretti -, ma non vedo altre attinenze. Qui abbiamo un attore che ha fatto grande una lingua».