Al Museo d’Arte Orientale Edoardo Chiossone, inaugurata venerdì 31 marzo alle ore 17 la mostra CIBO PER GLI ANTENATI, FIORI PER GLI DEI. Trasformazione dei bronzi arcaistici in Cina e Giappone.
La rassegna dal 1° aprile resta allestita per un anno. Inportanti ed esclusivi i pezzi in mostra, una serie di manufatti in bronzo e metallo, di proprietà del civico Museo o provenienti da Museo nazionale d’arte orientale di Roma, Museo d’arte cinese ed ttnografico di Parma, collezioni private.
I manufatti, realizzati in bronzo e metallo sono pezzi arcaistici cinesi, databili dalla dinastia Song Meridionale (1127-1279) fino alla fine del secolo XIX, importati in Giappone dal periodo Muromachi (1393-1572), documentano il plurisecolare interesse cinese per le antichità, e il gusto giapponese, coltivato da aristocrazia militare, clero buddhista e maestri del tè, per i vasi cinesi in bronzo in stile arcaistico.
Dal secondo millennio a.C. fino alla fine della dinastia Han nel secolo III d.C., i vasi in bronzo della Cina arcaica erano utilizzati per le offerte rituali di carni, cereali e bevande fermentate agli antenati.
La loro riscoperta in epoca storica, al tempo della dinastia Song Settentrionale (960-1127), comportò il tentativo di ricostruire i contenuti e i significati dei riti antichi e l’esigenza di documentare e studiare il vasellame rituale in bronzo dell’Antichità con classificazioni e catalogazioni illustrate e riproduzioni in bronzo e ceramica di esemplari arcaici.
Questo rilevante fenomeno di studio, copia e riproduzione delle antichità, noto in Occidente come ‘arcaismo’ o ‘produzione arcaistica’, durò fino al termine della dinastia Qing (1644-1911).
Tuttavia, alla fine del primo millennio dell’era volgare gli universi religiosi e spirituali della Cina erano cambiati rispetto a quelli arcaici: non più soltanto gli Antenati, bensì anche gli Immortali del Taoismo, i Risvegliati e i Bodhisattva del Buddhismo, insediati nei templi e sugli altari, richiedevano culto e offerte acconce, differenti da quelli antichi: vale a dire, fiori, incenso e luce di lampade o candele. Così, nei vasi anticamente ricolmati d’offerte di cereali si bruciava incenso, nei vasi e nei calici un tempo usati per contenere e libare il vino agli antenati si componevano fiori.
I bronzi cinesi in stile arcaistico importati nell’arcipelago giapponese dal secolo VII fino al XIX erano destinati essenzialmente alla corte imperiale, ai grandi monasteri buddhisti e, dalla fine del secolo XIII in avanti, anche all’aristocrazia militare.
In Giappone queste opere d’importazione appartenevano alla speciale categoria dei karamono kodō 唐物古銅, ‘oggetti cinesi in bronzo’ avidamente ricercati, collezionati e custoditi dall’élite politica durante i periodi Muromachi (1393-1572), Momoyama (1573-1600) e Edo (1600-1868).
Questi bronzi, che insieme ad altri karamono come calligrafie, dipinti, lacche intagliate e ceramiche celadon rappresentano l’espressione del prestigio culturale del Giappone legato al possesso dei capolavori cinesi, sono parte essenziale della storia dell’arte e del gusto giapponese, sui quali esercitarono influssi profondi nel corso dei secoli.
I vasi da fiori cinesi (karamono hanaike 唐物花生) dei secoli XIII-XVIII appartenenti al Museo Chiossone sono opere d’alto valore artistico, culturale, simbolico e tecnico. I più antichi vasi cinesi d’importazione nella collezione Chiossone risalgono ai secoli XIV-XV: erano impiegati nella decorazione zashiki kazari 座敷飾 – vale a dire, nelle esposizioni ornamentali preparate nelle sale di rappresentanza e da ricevimento delle residenze feudali.
I bronzi cinesi delle epoche successive, databili ai secoli XV-XIX, cioè dal medio periodo Ming al periodo Qing tardo e finale, erano usati per la cerimonia del tè (chanoyu 茶の湯) e negli ambienti dei bunjin 文人, i letterati sinofili che praticavano la ‘via del tè infuso’ (senchadō 前茶道).
Molti vasi da fiori importati dalla Cina appartenenti al Museo Chiossone sono comparabili a esemplari classificati in Giappone come ‘opere celebri’ (meibutsu 名物) o ‘di grande rinomanza’ (ōmeibutsu 大名物), appartenute in passato a collezioni aristocratiche e a grandi maestri del tè e trasmesse ai patrimoni dei musei giapponesi pubblici e privati fino all’epoca contemporanea.
Nelle collezioni di Genova svariati rikkahei 立花瓶 giapponesi – vale a dire, grandi vasi in bronzo per le composizioni floreali formali, prodotti dalla fine del secolo XVI ai primi del XIX da bronzisti specializzati noti come ‘maestri di vasi da fiori’ (ohanaire-shi 御花入師) – attestano l’esemplarità artistica e culturale attribuita all’antica tradizione del collezionismo d’antichità cinesi e la creazione selettiva, da parte dei grandi bronzisti giapponesi, di uno stile arcaistico d’ispirazione cinese consono al gusto locale.
Evento inserito nelle celebrazioni ufficiali del 150° Anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia.
Museo d’Arte Orientale ‘Edoardo Chiossone’
Villetta Di Negro
piazzale Mazzini 4
tel. 010 542285
www.museochiossonegenova.it
museochiossone@comune.genova.it
orario
martedì - venerdì 9/19
sabato e domenica 10/19.30.
La rassegna dal 1° aprile resta allestita per un anno. Inportanti ed esclusivi i pezzi in mostra, una serie di manufatti in bronzo e metallo, di proprietà del civico Museo o provenienti da Museo nazionale d’arte orientale di Roma, Museo d’arte cinese ed ttnografico di Parma, collezioni private.
I manufatti, realizzati in bronzo e metallo sono pezzi arcaistici cinesi, databili dalla dinastia Song Meridionale (1127-1279) fino alla fine del secolo XIX, importati in Giappone dal periodo Muromachi (1393-1572), documentano il plurisecolare interesse cinese per le antichità, e il gusto giapponese, coltivato da aristocrazia militare, clero buddhista e maestri del tè, per i vasi cinesi in bronzo in stile arcaistico.
Dal secondo millennio a.C. fino alla fine della dinastia Han nel secolo III d.C., i vasi in bronzo della Cina arcaica erano utilizzati per le offerte rituali di carni, cereali e bevande fermentate agli antenati.
La loro riscoperta in epoca storica, al tempo della dinastia Song Settentrionale (960-1127), comportò il tentativo di ricostruire i contenuti e i significati dei riti antichi e l’esigenza di documentare e studiare il vasellame rituale in bronzo dell’Antichità con classificazioni e catalogazioni illustrate e riproduzioni in bronzo e ceramica di esemplari arcaici.
Questo rilevante fenomeno di studio, copia e riproduzione delle antichità, noto in Occidente come ‘arcaismo’ o ‘produzione arcaistica’, durò fino al termine della dinastia Qing (1644-1911).
Tuttavia, alla fine del primo millennio dell’era volgare gli universi religiosi e spirituali della Cina erano cambiati rispetto a quelli arcaici: non più soltanto gli Antenati, bensì anche gli Immortali del Taoismo, i Risvegliati e i Bodhisattva del Buddhismo, insediati nei templi e sugli altari, richiedevano culto e offerte acconce, differenti da quelli antichi: vale a dire, fiori, incenso e luce di lampade o candele. Così, nei vasi anticamente ricolmati d’offerte di cereali si bruciava incenso, nei vasi e nei calici un tempo usati per contenere e libare il vino agli antenati si componevano fiori.
I bronzi cinesi in stile arcaistico importati nell’arcipelago giapponese dal secolo VII fino al XIX erano destinati essenzialmente alla corte imperiale, ai grandi monasteri buddhisti e, dalla fine del secolo XIII in avanti, anche all’aristocrazia militare.
In Giappone queste opere d’importazione appartenevano alla speciale categoria dei karamono kodō 唐物古銅, ‘oggetti cinesi in bronzo’ avidamente ricercati, collezionati e custoditi dall’élite politica durante i periodi Muromachi (1393-1572), Momoyama (1573-1600) e Edo (1600-1868).
Questi bronzi, che insieme ad altri karamono come calligrafie, dipinti, lacche intagliate e ceramiche celadon rappresentano l’espressione del prestigio culturale del Giappone legato al possesso dei capolavori cinesi, sono parte essenziale della storia dell’arte e del gusto giapponese, sui quali esercitarono influssi profondi nel corso dei secoli.
I vasi da fiori cinesi (karamono hanaike 唐物花生) dei secoli XIII-XVIII appartenenti al Museo Chiossone sono opere d’alto valore artistico, culturale, simbolico e tecnico. I più antichi vasi cinesi d’importazione nella collezione Chiossone risalgono ai secoli XIV-XV: erano impiegati nella decorazione zashiki kazari 座敷飾 – vale a dire, nelle esposizioni ornamentali preparate nelle sale di rappresentanza e da ricevimento delle residenze feudali.
I bronzi cinesi delle epoche successive, databili ai secoli XV-XIX, cioè dal medio periodo Ming al periodo Qing tardo e finale, erano usati per la cerimonia del tè (chanoyu 茶の湯) e negli ambienti dei bunjin 文人, i letterati sinofili che praticavano la ‘via del tè infuso’ (senchadō 前茶道).
Molti vasi da fiori importati dalla Cina appartenenti al Museo Chiossone sono comparabili a esemplari classificati in Giappone come ‘opere celebri’ (meibutsu 名物) o ‘di grande rinomanza’ (ōmeibutsu 大名物), appartenute in passato a collezioni aristocratiche e a grandi maestri del tè e trasmesse ai patrimoni dei musei giapponesi pubblici e privati fino all’epoca contemporanea.
Nelle collezioni di Genova svariati rikkahei 立花瓶 giapponesi – vale a dire, grandi vasi in bronzo per le composizioni floreali formali, prodotti dalla fine del secolo XVI ai primi del XIX da bronzisti specializzati noti come ‘maestri di vasi da fiori’ (ohanaire-shi 御花入師) – attestano l’esemplarità artistica e culturale attribuita all’antica tradizione del collezionismo d’antichità cinesi e la creazione selettiva, da parte dei grandi bronzisti giapponesi, di uno stile arcaistico d’ispirazione cinese consono al gusto locale.
Evento inserito nelle celebrazioni ufficiali del 150° Anniversario delle relazioni tra Giappone e Italia.
Museo d’Arte Orientale ‘Edoardo Chiossone’
Villetta Di Negro
piazzale Mazzini 4
tel. 010 542285
www.museochiossonegenova.it
museochiossone@comune.genova.it
orario
martedì - venerdì 9/19
sabato e domenica 10/19.30.