Genova aderisce alla “Primavera delle università italiane”

Il nostro Paese non investe nella ricerca. Il ruolo strategico dell’alta formazione in un convegno a Tursi. Con l'obiettivo di porre l'Università al centro dell'agenda del Governo. Il Magnifico Rettore Paolo Comanducci: vogliamo comunicare al Paese la situazione in cui versa da alcuni anni la ricerca universitaria italiana. Un periodo di tagli di cui non si capisce la ragione se non quella della riduzione della spesa pubblica, mentre l'Università è un grande investimento per il futuro. Osservato un minuto di silenzio per la tragedia di Tarragona

convegno sulla ricerca universitaria a palazzo tursi
L’Italia non investe nelle Università, anche se si colloca ai vertici mondiali della produzione scientifica: 8° posto tra i paesi OCSE, davanti alla Cina per qualità della ricerca. In ogni città sede di università, statali e non statali, si sono tenuti oggi, 21 marzo, incontri e dibattiti pubblici, da titolo "Primavera delle università italiane", per riaffermare il ruolo strategico della ricerca e dell’alta formazione per il futuro del Paese.

L'Università di Genova ha aderito all'iniziativa, promossa dalla conferenza dei rettori delle università italiane (CRUI), organizzando, nel salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi, un dibattito/confronto, moderato da Alessandro Cassinis direttore del Secolo XIX, tra il Magnifico Rettore Paolo Comanducci e il sindaco Marco Doria.

In termini di investimento nell’Università il nostro paese garantisce 109 euro per abitante, ben lontano dalla primatista Corea del Sud, 628. Ma senza andare troppo lontano, in Europa, Germania e Francia superano l’Italia con 303 e 304 euro destinati agli istituti accademici. Ma quali sono i segnali che spingono, o meglio, dovrebbero spingere il Paese verso il cambiamento? L'Italia ha il numero di laureati più basso d'Europa: UK 42%, OCSE 33%, UE21 32%, Francia 32%, G20 28%, Germania 27%, Italia 17%.

"Vogliamo comunicare al Paese - ha detto Comanducci - la situazione in cui versa da alcuni anni la ricerca universitaria italiana. Un periodo di tagli insensati, di cui non si capisce la ragione e in quale direzione si voglia andare, se non quella della riduzione della spesa pubblica, mentre l'Università è un grande investimento per il futuro".

L'obiettivo della mobilitazione del mondo accademico è quello di porre l'Università al centro dell'agenda del Governo, anche perché l'Italia è ormai in fondo alle classifiche europee in termini di laureati, iscritti e investimenti. Anche la carenza di strutture moderne, o di laboratori all'avanguardia, può essere alla base di questo costante declino che, negli ultimi 5 anni, ha visto diminuire gli studenti di 130mila unità.

"A Genova, contrariamente al resto del Paese, i soldi per l'edilizia universitaria ci sono -  ha detto il sindaco -. C'è un tesoretto di 120 milioni di euro, tra risorse statali e regionali, per rinnovare il polo ingegneristico, che aspetta solo di essere speso. Un ritardo imputabile, questa volta, non al governo, ma alla nostra incapacità di essere reattivi al rinnovamento del sistema economico e territoriale".

Un altro capitolo della "saga" dei ritardi e delle inefficienze del nostro sistema universitario, è legato alla normativa che lo contraddistingue, da molti paragonata alla complessità delle norme che regolano il sistema amministrativo locale.

"Il sistema universitario - ha detto il sindaco - vive le contraddizioni delle norme che regolano gli enti locali, con notevoli somiglianze, ma non con la stessa intensità. L'Università è un po' meno esposta alle tensioni che vivono i Comuni, in questo momento di profonda trasformazione sociale ed economica. Ma, - precisa – non sempre le "turbolenze" sono negative, almeno quando spingono a fare delle analisi approfondite dei problemi favorendo l'autoriforma”. 

In questo momento, l'Università è diventata un banco di prova, da parte del governo, per le politiche di valutazione esterna che, come puntualizza il Magnifico Rettore, non hanno eguali nella Pubblica amministrazione. All’interno degli atenei, una agenzia specifica valuta praticamente tutto: dalla didattica alla ricerca, sino alla scelta dei corsi.

“Si tratta di interventi – continua Comanducci - molto puntigliosi e di dettaglio, che entrano nel vivo della autonomia universitaria. Con uno slogan si potrebbe affermare che "i compiti a casa li abbiamo fatti". Siamo stati e siamo valutati in più occasioni dagli ispettori del Ministero eppure, a tutto questo controllo, non è poi seguito un investimento adeguato”. Servono riforme strutturali da parte del governo altrimenti si proseguirà con un trend negativo iniziato nel 2008. L’Università non potrà uscire da questa situazione senza adeguati investimenti.
21 marzo 2016
Ultimo aggiornamento: 22/03/2016
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