OGGI IN SALA ROSSA – LA GRAVE CRISI DI FIERA DI GENOVA
Nell’incontro di questo pomeriggio le commissioni consiliari IV – Promozione della Città e VI – Sviluppo Economico hanno affrontato il tema della Fiera di Genova e della crisi di questa azienda partecipata. Erano presenti Ariel Dello Strologo come presidente di Fiera e, per rappresentare i lavoratori, che assistevano all’incontro dalla tribuna del pubblico, Maurizio Fiore della Filcams Cgil, Silvia Avanzino della Fisascat Cisl e Riccardo Serri della Uiltucs. Era presente all’inizio l’assessore regionale Edoardo Rixi, ma la riunione è stata a lungo sospesa per l’occupazione dell’aula da parte di lavoratori edili degli appalti Iren, che attendevano un incontro con la giunta. Avendo altri impegni, Rixi non era più presente alla ripresa dei lavori.Nell’introduzione, l’assessore al Bilancio Francesco Miceli illustra sommariamente la situazione: «Malgrado gli sforzi dello scorso anno per garantire la continuità dell’azienda, anche in conseguenza della crisi della nautica e di quella del settore fieristico, la crisi ha subito un’accelerazione che all’epoca non era prevedibile. L’amministrazione lavora, nonostante tutto, con particolare riguardo alla condizione dei lavoratori, perché l’attività fieristica non chiuda».
Nella sua relazione, Dello Strologo riferisce: «nel corso del 2015 non è avvenuto quello che anche solo pochi mesi fa ci aspettavamo. C’è stato un rapido deterioramento patrimoniale: a fine settembre la perdita di quest’anno, sommata a quelle degli anni precedenti, corrispondeva a più di un terzo del capitale sociale; si prevede che a fine anno la perdita arrivi a circa 2 milioni 800 mila euro.
Bisogna considerare che la “gestione caratteristica” è in perdita da anni e che nel 2014 è stata di 1,3 milioni. Un dato preoccupante, anche se reso meno evidente dal lieve utile del bilancio generale. Dai dati emerge una situazione di straordinaria emergenza, per cui si stanno cercando le soluzioni alla luce anche del giudizio del collegio sindacale, secondo cui la società è in assenza di continuità aziendale. L’indebitamento complessivo verso vari soggetti è di circa 10 milioni di euro. È compreso in questa cifra un debito con la banca Bnl di 2,1 milioni. Sono aperte molte vertenze, tra cui quella con Coopsette, che pretende da Fiera 24 milioni; a sua volta Fiera di Genova spa ha citato Coopsette, per altre questioni, per 10 milioni. Un accordo sarebbe forse possibile, ma Coopsette è in procedura coatta amministrativa. Oltre a ciò c’è comunque un debito verso Coopsette circa 2,6 milioni.
La situazione patrimoniale è in continuo deterioramento. Io sono stato nominato presidente della Fiera perché sono anche presidente di Porto Antico; si pensava perciò che avrei potuto facilitare la prevista unione tra i due soggetti. Quando ho accettato l’incarico, Fiera era in gravi difficoltà, ma si pensava che potesse affrontare il futuro. C’era infatti la prospettiva di un finanziamento di 3 milioni da Bnl e della ripresa della collaborazione con Ucina per la gestione del Salone, che per due anni era stato affidato a Ucina. Importantissima era anche la previsione di un accordo con Coopsette, ma questo interlocutore è venuto a mancare.
Non essendosi realizzate le condizioni attese, il debito è diventato insostenibile, soprattutto quello, il cui saldo è urgente, di 3,5 milioni di euro con quegli stessi fornitori che forniscono servizi per le attività fieristiche.
Prevedo che per il futuro potremo spendere solo per mantenere in vita la società, o per attività che daranno certamente un utile, come la prossima Natalidea. Per mantenere in vita l’azienda bisogna individuarne un ramo sano che possa reggersi da solo e portare avanti in autonomia una parte di attività o unirsi, se sarà il caso, a Porto Antico.
Ovviamente non tutta l’azienda potrà essere salvata. Auspico, e con me i soci, che di concerto con i sindacati si possa trovare una ricollocazione per i lavoratori.
C’è poi il problema dell’eccessivo costo del mantenimento della struttura: i padiglioni non rendono abbastanza per ripagare la manutenzione. Bisogna tenere conto infatti che l’attività fieristica pura è sbilanciata verso i costi. In Germania, dove ci sono le migliori fiere, le manifestazioni sopravvivono grazie a cospicui finanziamenti dai länder. A Genova, negli anni d’oro del Salone Nautico, bastavano i guadagni di questa manifestazione a finanziare le attività fieristiche del resto dell’anno. Ma improvvisamente è venuta meno questa fonte: il fatturato della nautica italiana è calato dell’80 per cento; molti diportisti, in seguito a una tassa imposta dal governo Monti, hanno trasferito la barca in Francia; il guadagno derivante dal Nautico è diventato irrisorio (nell’anno del maggiore incasso, 18 milioni, ben 8 furono di utile, mentre quest’anno Ucina ha pagato 400 mila euro di affitti. In tutta Italia, del resto, le fiere sono in crisi e stanno chiudendo. Genova è, come si sa, una città difficile, anche per la capacità ricettiva e per i collegamenti. Fare un progetto richiede tempo, mentre noi ci siamo trovati subito con l’acqua alla gola. Bisogna pensare a una gestione mista, in cui gli spazi della Fiera producano reddito anche in assenza di manifestazioni: i canoni d’affitto di altre attività potrebbero finanziare l’attività fieristica.
C’è poi la questione di Ucina: per più di 50 anni l’associazione dei cantieri ha collaborato con la Fiera a condizioni molto favorevoli, con una quota sull’utile del 24 per cento. A quelle condizioni, con il ridursi del guadagno la nostra azienda sarebbe andata in perdita; perciò si è scelto di delegare Ucina a gestire in proprio, per due anni, la manifestazione, pagando affitti per gli spazi occupati».
Riccardo Serri lamenta un senso di frustrazione: «siamo qui, ospiti del Comune, ma mancano gli altri soci, la Regione e la Camera di commercio. Non c’è tempo, siamo fuori tempo massimo. Ci è stato detto in una recente riunione che gli esuberi sarebbero 30 su 42. Da anni il sindacato chiede un progetto che consideri i debiti e i problemi. Pensare che la questione riguardi la Fiera e non la città è profondamente sbagliato: il progetto per Fiera è un progetto per la città, e noi chiediamo perciò che ci sia illustrato subito. L’assessore Rixi, mentre aspettavamo di riprendere la riunione, ha pronosticato una durata dell’azienda fino a Natale. Se si vuole far morire Fiera per poi ricostruire sulle ceneri, lo si dica alla città, ma si tenga conto che prima di tutto ci sono 42 lavoratori che devono essere ricollocati».
Maurizio Fiore: «non si dice con sufficiente chiarezza che cosa stia accadendo in città. Solo con grande difficoltà si è riusciti talvolta a creare le condizioni per il mantenimento dei livelli occupazionali. Nel caso di Fiera, abbiamo dovuto affrontare vari cambiamenti nella dirigenza. In nome di un piano industriale, del destino dell’azienda che sembrava legato al waterfront, immagine del futuro di Genova, i lavoratori si sono sacrificati e hanno rinunciato a parte della retribuzione. Adesso l’assenza di continuità porterà alla consegna dei libri in tribunale, all’assenza di futuro. È urgente provvedere per tutelare i dipendenti, non possiamo più attendere i tempi della politica».
Silvia Avanzino: «nessuno del consiglio di amministrazione ha comunicato alla città la situazione di Fiera. Per informare i genovesi ci sono voluti, come sempre, i sindacati. Noi l’abbiamo detto già tre anni fa, che il piano industriale non avrebbe retto. Questi lavoratori che oggi, attendendo a lungo ma con la massima tranquillità che altri lavoratori in difficoltà liberassero l’aula, hanno dato una così grande manifestazione di senso di responsabilità, hanno rinunciato a una parte dello stipendio. Dov’erano, in questi anni, i soci? Sono i lavoratori il vero valore dell’azienda. Noi chiediamo serietà e senso di responsabilità, un tavolo serio dove discutere seriamente soluzioni durature. È assurdo che, mentre Ucina minacci di portare il Salone a Venezia, l’unica opposizione a questa minaccia sia quella dei sindacati».
Tra i consiglieri, sono molto critici con la Giunta e con il sindaco Stefano Anzalone del Gruppo Misto e Guido Grillo del Popolo della Libertà, che attribuiscono all’amministrazione la responsabilità di una cattiva gestione della partita. Chiedono che il Consiglio comunale si faccia carico del futuro di Fiera e dei lavoratori. «Anche la Regione – domanda Grillo – che cosa ha fatto?»
Claudio Villa, del Partito Democratico, si sorprende per l’assenza degli altri soci della Fiera di Genova e richiama la delibera sulle partecipate: «qual è l’orientamento della Giunta?. Che cosa propone per i lavoratori? Come si pensa di ricollocarli?»
Anche Gian Piero Pastorino, di Sinistra Ecologia e Libertà, richiama la delibera sulle partecipate e la necessità di utilizzarla per ricollocare i lavoratori, ma prende le distanze dagli orientamenti del Consiglio e della Giunta in questi anni: «non ho mai votato le delibere per finanziare la Fiera, perché già 3 anni fa sapevo che il settore era in crisi».
Si meraviglia Paolo Putti, del Movimento 5 Stelle: «sulla Fiera abbiamo sempre ricevuto rassicurazioni che tutto andasse bene o che, con un piccolo sforzo, tutto si sarebbe aggiustato. Adesso ci dicono che non è possibile andare avanti».
Cristina Lodi del Partito Democratico e Clizia Nicolella della Lista Doria vedono la Fiera come una possibilità per la città. Lodi: «ne parliamo sempre come si parla di un problema, non di una risorsa. Eppure quegli spazi rivelano la loro importanza anche nelle situazioni d’emergenza, come nel caso dell’accoglienza ai profughi. L’unione con Porto Antico potrebbe essere una soluzione, ma chiedo che, oltre alla difesa dei lavoratori, ci sia un progetto per la Fiera, perché Genova non può farsi portar via una realtà di pregio come questa». Nicolella: «per Fiera di Genova si parla sempre di costi, conti e debiti, ma non sento mai un ragionamento su come differenziare questa fiera da altre attività del genere nel resto d’Italia. Non è possibile che non si vogliano valorizzare luoghi così belli; anche il turismo è lavoro, non solo le riparazioni navali». Anche le competenze dei lavoratori, secondo le due consigliere, sono un patrimonio della città da non sperperare.
Nella sua replica, l’assessore Carla Sibilla ha ricostruito il punto di vista della Giunta sulle decisioni di questi anni: «Tre anni fa si credeva che con un forte ridimensionamento si sarebbe potuto rimettere in piedi la Fiera, che poi avrebbe avuto la possibilità di ripartire. È necessaria, come ha detto Dello Strologo, una destinazione mista degli spazi.
Il Comune è stato ed è a fianco al presidente e al management in un gioco molto delicato nei confronti di Ucina, di Nautica Italiana, del Ministero dello Sviluppo Economico. In queste condizioni non sarebbe stato opportuno assumere posizioni più nette. Lavoriamo per accreditare Genova come sede della nautica, con il suo nuovo waterfront reso più forte dall’unione tra Fiera e Porto antico».
Ha concluso l’incontro la replica dell’assessore Francesco Miceli: «nei decenni il Nautico è stato come una droga, che ha permesso sempre di coprire le altre spese. A causa della crisi della nautica il fatturato della Fiera, che era tra 12 e 13 milioni annui, è sceso, collocandosi tra 2 e 3 milioni.
Ricordo che la decisione di sfruttare la legge che permetteva al Comune, padrone del terreno, di acquisire il padiglione Jean Nouvel attraverso un rimborso alla Fiera, è stata presa per mantenere i posti di lavoro. La preoccupazione per i lavoratori è anche della Giunta, non solo del Consiglio. Fino a oggi, nel Comune e nelle partecipate, nonostante le difficoltà, neanche un dipendente ha perso il posto per responsabilità del Comune».
Al termine dei lavori il presidente Lucio Padovani ha comunicato che la Commissione si riunirà nuovamente al più presto, con la convocazione di Regione, Camera di commercio e Autorità portuale.
data:
19/11/2015
Ultimo aggiornamento: 20/11/2015