Fiori rossi, sciarpa del Genoa e una struggente “Bella Ciao”. I genovesi avevano salutato così, per l’ultima volta, il loro sindaco tranviere il 26 maggio a Palazzo Tursi. Fiori rossi immancabili anche questa mattina, quando cittadini e rappresentanti delle istituzioni si sono nuovamente stretti attorno alla famiglia Cerofolini per la cerimonia di tumulazione nel Pantheon, il tempio dove riposano i genovesi più illustri, dell'arte e della storia, credenti o meno. Qui il sindaco più amato ha raggiunto Edoardo Sanguineti, grazie a una proposta bipartisan dei consiglieri comunali che ha consentito di derogare la norma che impone il passaggio di almeno cinque anni dalla morte prima che una salma possa salire sulla collina più nobile di Staglieno.
Il ricordo delle tappe più importanti della vita sociale e politica di Fulvio Cerofolini è toccato a Carlo Ghezzi, vicepresidente nazionale dell’Anpi: «Era una figura significativa del movimento antifascista, il cui vigore, la cui etica sono sempre stati accompagnati da una straordinaria carica umana, da una solida passione civile e morale, da una costante disponibilità al confronto, da un impegno generoso e concreto che ne hanno fatto un esempio per i cittadini di Genova e per tutti i suoi lavoratori. È stata la miglior personificazione della volontà di reagire che la città ha sempre manifestato nei momenti difficili».
Mario Bottaro, invece, ha ripercorso con forte commozione alcuni aneddoti della vita privata. «Non è facile distinguere l’uomo dal politico perché sia la vita pubblica che quella privata erano contraddistinte dalla sua cultura operaia. Non era certo uno della casta. Fulvio era un uomo all’antica ma non era un uomo antico e difendeva il valore delle istituzioni». Impossibile non ricordare il rapporto con la moglie Ardenia che «era la sua ombra, la sua confidente, il suo appoggio. Era un padre severo, così come severo era con se stesso. Un genovese un po’ orso, che non riusciva ad esprimere all’esterno l’intensità dei sentimenti che viveva dentro di sé». E conclude citando Foscolo: «Celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e spesso per lei si vive con l'amico estinto e l'estinto con noi».
Lo stesso giornalista è anche autore delle parole incise sulla pergamena che accompagna la lapide del “sindaco rosso”: “Figlio della Genova operaia, per dieci anni sindaco, sindacalista, poi deputato, consigliere regionale e difensore civico, fu scelto rappresentante dei partigiani. Al suo addio cantarono spontanei ‘Bella Ciao’, simbolo del socialismo e della difesa dei diritti di tutti. La sua vita di rettitudine, di rigore morale e di spirito di servizio, di lavoro presente e costante, di attaccamento orgoglioso alla famiglia, ha saputo rappresentare, anche in tempo spesso bui per la politica a Genova e nell’Italia tutta, le migliore doti della sua città. Ai contemporanei restano la nostalgia e il ricordo affettuoso; per chi verrà dopo vive l’esempio”.
Non poteva far mancare la sua presenza neppure il senatore Raimondo Ricci, con un messaggio letto dall’assessore Paolo Veardo: «Poiché l’età non mi consente di accedere al Pantheon, desidero testimoniare con questo messaggio la mia piena condivisione per l’onore che egli merita, per la passione, la coerenza e l’umiltà con cui ha sempre perseguito i valori dell’umiltà, dell’antifascismo e della democrazia».
A concludere l’omaggio, le parole del sindaco di oggi, Marta Vincenzi: «È una persona dalla quale non possiamo più prescindere, che è riuscita a unire tutto il consiglio comunale nella decisione di accelerare i tempi per il suo accoglimento nel Pantheon. È il simbolo dell’ansia che ci sta prendendo per la conclusione di una fase storica, l’ansia di una comunità che vuole salvaguardare una parte della propria identità e del proprio passato che vuole riproporre nel futuro».
Video di Riccardo Molinari.
Il ricordo delle tappe più importanti della vita sociale e politica di Fulvio Cerofolini è toccato a Carlo Ghezzi, vicepresidente nazionale dell’Anpi: «Era una figura significativa del movimento antifascista, il cui vigore, la cui etica sono sempre stati accompagnati da una straordinaria carica umana, da una solida passione civile e morale, da una costante disponibilità al confronto, da un impegno generoso e concreto che ne hanno fatto un esempio per i cittadini di Genova e per tutti i suoi lavoratori. È stata la miglior personificazione della volontà di reagire che la città ha sempre manifestato nei momenti difficili».
Mario Bottaro, invece, ha ripercorso con forte commozione alcuni aneddoti della vita privata. «Non è facile distinguere l’uomo dal politico perché sia la vita pubblica che quella privata erano contraddistinte dalla sua cultura operaia. Non era certo uno della casta. Fulvio era un uomo all’antica ma non era un uomo antico e difendeva il valore delle istituzioni». Impossibile non ricordare il rapporto con la moglie Ardenia che «era la sua ombra, la sua confidente, il suo appoggio. Era un padre severo, così come severo era con se stesso. Un genovese un po’ orso, che non riusciva ad esprimere all’esterno l’intensità dei sentimenti che viveva dentro di sé». E conclude citando Foscolo: «Celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi, celeste dote è negli umani; e spesso per lei si vive con l'amico estinto e l'estinto con noi».
Lo stesso giornalista è anche autore delle parole incise sulla pergamena che accompagna la lapide del “sindaco rosso”: “Figlio della Genova operaia, per dieci anni sindaco, sindacalista, poi deputato, consigliere regionale e difensore civico, fu scelto rappresentante dei partigiani. Al suo addio cantarono spontanei ‘Bella Ciao’, simbolo del socialismo e della difesa dei diritti di tutti. La sua vita di rettitudine, di rigore morale e di spirito di servizio, di lavoro presente e costante, di attaccamento orgoglioso alla famiglia, ha saputo rappresentare, anche in tempo spesso bui per la politica a Genova e nell’Italia tutta, le migliore doti della sua città. Ai contemporanei restano la nostalgia e il ricordo affettuoso; per chi verrà dopo vive l’esempio”.
Non poteva far mancare la sua presenza neppure il senatore Raimondo Ricci, con un messaggio letto dall’assessore Paolo Veardo: «Poiché l’età non mi consente di accedere al Pantheon, desidero testimoniare con questo messaggio la mia piena condivisione per l’onore che egli merita, per la passione, la coerenza e l’umiltà con cui ha sempre perseguito i valori dell’umiltà, dell’antifascismo e della democrazia».
A concludere l’omaggio, le parole del sindaco di oggi, Marta Vincenzi: «È una persona dalla quale non possiamo più prescindere, che è riuscita a unire tutto il consiglio comunale nella decisione di accelerare i tempi per il suo accoglimento nel Pantheon. È il simbolo dell’ansia che ci sta prendendo per la conclusione di una fase storica, l’ansia di una comunità che vuole salvaguardare una parte della propria identità e del proprio passato che vuole riproporre nel futuro».
Video di Riccardo Molinari.