La formula è ormai nota: si esce dalla crisi solamente con l’innovazione. Ma come passare dall’enunciazione di principio ad interventi che davvero supportino l’innovazione e le nuove tecnologie?
Si sono concertati su questo tema i partecipanti all’incontro organizzato stamani da Confindustria Genova e da Dixet, il distretto dell’Elettronica e delle Tecnologie Avanzate, attivo dal 2001, che riunisce tutte le principali realtà imprenditoriali del settore sul territorio, dalle più grandi alle piccolissime.
I primi elementi di riflessione li mette a fuoco Letizia Radoni, direttrice di Banca d’Italia Genova che ha ospitato il convegno: rispetto a questi temi l’Italia è in ritardo sia sulla media europea che sugli obiettivi di Lisbona 2020; investe in innovazione circa l’1,2% del PIL, contro l’1,6% della media europea e l’addirittura 3,6% delle nazioni più avanzate, come quelle scandinave; offre occupazione in forme flessibili e precarie che non incentivano la formazione e la qualificazione del personale. Questo, in un’economia mondiale dove sempre di più il valore si sposta dai processi produttivi a quelli legati a progettazione, marketing e logistica; e dove il capitale umano, cioè la “qualità” di lavoratori sempre più istruiti, autonomi, creativi, rappresenta una variabile strategica per determinare la crescita di un paese.
In questo spazio si colloca il progetto voluto congiuntamente da Confindustria e Dixet e presentato dal presidente di quest’ultima, Carlo Castellano, insieme a Giorgio Musso del Comitato Scientifico. Si è partiti dall’analisi emersa dal Libro Bianco “Genova 2021: il ruolo strategico della tecnologia”, presentato lo scorso anno, e dai numeri del settore dell’alta tecnologia: 150 imprese (il 70% delle quali piccole o “mini”), 14.500 dipendenti (il 28% del totale rispetto all’industria manifatturiera, un dato quasi triplicato in 15 anni) e oltre 4 miliardi di euro di fatturato.
Occorre far decollare questo capitale di esperienze e competenze, penalizzato dalla dimensione delle imprese, dall’impossibilità di fare massa critica e da una relazione insufficiente con i bisogni del resto del tessuto produttivo genovese, e far sì che Genova possa impiegare il prossimo decennio a diventare un laboratorio per la sperimentazione e l’industrializzazione di nuove soluzioni hi tech, dandosi la visione condivisa di diventare “città delle tecnologie”.
Il progetto Genova 2021 quindi si pone l’obiettivo di individuare settori specifici e tematiche che si collochino all’incrocio fra la domanda reale di nuove tecnologie che viene dalle strutture produttive del territorio, a partire dal porto, e l’offerta che le aziende esistenti sono in grado di mettere in campo. Ne conseguirà la creazione di gruppi di lavoro tematici, composti da tecnologi della ricerca e sviluppo delle imprese, da esperti di marketing strategico industriale e da esponenti della ricerca accademica, che elaborino progetti di ricerca e a seguire prodotti tecnologici da “testare” sulla realtà genovese e da immettere sul mercato; nella speranza di riuscire a creare prodotti che siano sviluppi di qualità di idee già esistenti; ma che magari possano essere, in qualche caso, anche “breakthrough”: creazioni totalmente nuove, nate a Genova.
I primi gruppi di Lavoro, dedicati a ICT e automazione dei servizi e ad automazione e logistica portuale, saranno attivi già ad inizio 2013; seguiranno poi gli altri filoni.
Giovanni Calvini , presidente di Confindustria, ha testimoniato il pieno appoggio dell’Associazione al progetto, che vede come una reazione ad una crisi i cui numeri restano preoccupanti; Confindustria creerà al proprio interno una struttura permanente dedicata alla Tecnologia.
Il progetto ha visto inoltre il convinto appoggio di Luigi Nicolais, presidente del CNR, presente all’incontro.
Il Sindaco Doria ha chiuso i lavori identificando quale ruolo può avere il Comune nell’immaginare e poi costruire questa prospettiva per il futuro della città, una visione che pare largamente condivisa, partendo da un dato di realtà che parla di una grave crisi economica e di uno sforzo per migliorare lo stato dei conti pubblici che ha sottratto e sottrae risorse alle Amministrazioni senza portare risultati sul fronte della crescita e del benessere dei cittadini.
Il Comune può mettere in campo la sua adesione convinta al progetto Smart City, che rientra appieno nella definizione di “Genova città delle tecnologie”; può confrontarsi con le realtà economiche ed imprenditoriali della città per accordare alle esigenze produttive gli strumenti di pianificazione e governo del territorio (pur rifiutando una logica di abbandono delle realtà industriali produttive e la loro sostituzione, ad esempio, con aree commerciali); può svolgere il compito non banale di facilitare le relazioni fra i diversi soggetti coinvolti, augurandosi che si muovano tutti nello sforzo coerente e convinto di affrontare i problemi difendendo le proprie legittime esigenze ma nell’ottica di trovare soluzioni.
Il Comune poi ha il compito di farsi interprete e rappresentante della comunità dei cittadini e delle sue diverse sensibilità; anche per questo, ha il dovere di mantenere alta la propria credibilità, facendo tutto il possibile per ridare significato e valore ad un senso delle istituzioni troppo frequentemente offeso da comportamenti indecenti.
Il punto è la necessità di volare alto, per dare concretezza ad una visione possibile della Genova di domani.
Si sono concertati su questo tema i partecipanti all’incontro organizzato stamani da Confindustria Genova e da Dixet, il distretto dell’Elettronica e delle Tecnologie Avanzate, attivo dal 2001, che riunisce tutte le principali realtà imprenditoriali del settore sul territorio, dalle più grandi alle piccolissime.
I primi elementi di riflessione li mette a fuoco Letizia Radoni, direttrice di Banca d’Italia Genova che ha ospitato il convegno: rispetto a questi temi l’Italia è in ritardo sia sulla media europea che sugli obiettivi di Lisbona 2020; investe in innovazione circa l’1,2% del PIL, contro l’1,6% della media europea e l’addirittura 3,6% delle nazioni più avanzate, come quelle scandinave; offre occupazione in forme flessibili e precarie che non incentivano la formazione e la qualificazione del personale. Questo, in un’economia mondiale dove sempre di più il valore si sposta dai processi produttivi a quelli legati a progettazione, marketing e logistica; e dove il capitale umano, cioè la “qualità” di lavoratori sempre più istruiti, autonomi, creativi, rappresenta una variabile strategica per determinare la crescita di un paese.
In questo spazio si colloca il progetto voluto congiuntamente da Confindustria e Dixet e presentato dal presidente di quest’ultima, Carlo Castellano, insieme a Giorgio Musso del Comitato Scientifico. Si è partiti dall’analisi emersa dal Libro Bianco “Genova 2021: il ruolo strategico della tecnologia”, presentato lo scorso anno, e dai numeri del settore dell’alta tecnologia: 150 imprese (il 70% delle quali piccole o “mini”), 14.500 dipendenti (il 28% del totale rispetto all’industria manifatturiera, un dato quasi triplicato in 15 anni) e oltre 4 miliardi di euro di fatturato.
Occorre far decollare questo capitale di esperienze e competenze, penalizzato dalla dimensione delle imprese, dall’impossibilità di fare massa critica e da una relazione insufficiente con i bisogni del resto del tessuto produttivo genovese, e far sì che Genova possa impiegare il prossimo decennio a diventare un laboratorio per la sperimentazione e l’industrializzazione di nuove soluzioni hi tech, dandosi la visione condivisa di diventare “città delle tecnologie”.
Il progetto Genova 2021 quindi si pone l’obiettivo di individuare settori specifici e tematiche che si collochino all’incrocio fra la domanda reale di nuove tecnologie che viene dalle strutture produttive del territorio, a partire dal porto, e l’offerta che le aziende esistenti sono in grado di mettere in campo. Ne conseguirà la creazione di gruppi di lavoro tematici, composti da tecnologi della ricerca e sviluppo delle imprese, da esperti di marketing strategico industriale e da esponenti della ricerca accademica, che elaborino progetti di ricerca e a seguire prodotti tecnologici da “testare” sulla realtà genovese e da immettere sul mercato; nella speranza di riuscire a creare prodotti che siano sviluppi di qualità di idee già esistenti; ma che magari possano essere, in qualche caso, anche “breakthrough”: creazioni totalmente nuove, nate a Genova.
I primi gruppi di Lavoro, dedicati a ICT e automazione dei servizi e ad automazione e logistica portuale, saranno attivi già ad inizio 2013; seguiranno poi gli altri filoni.
Giovanni Calvini , presidente di Confindustria, ha testimoniato il pieno appoggio dell’Associazione al progetto, che vede come una reazione ad una crisi i cui numeri restano preoccupanti; Confindustria creerà al proprio interno una struttura permanente dedicata alla Tecnologia.
Il progetto ha visto inoltre il convinto appoggio di Luigi Nicolais, presidente del CNR, presente all’incontro.
Il Sindaco Doria ha chiuso i lavori identificando quale ruolo può avere il Comune nell’immaginare e poi costruire questa prospettiva per il futuro della città, una visione che pare largamente condivisa, partendo da un dato di realtà che parla di una grave crisi economica e di uno sforzo per migliorare lo stato dei conti pubblici che ha sottratto e sottrae risorse alle Amministrazioni senza portare risultati sul fronte della crescita e del benessere dei cittadini.
Il Comune può mettere in campo la sua adesione convinta al progetto Smart City, che rientra appieno nella definizione di “Genova città delle tecnologie”; può confrontarsi con le realtà economiche ed imprenditoriali della città per accordare alle esigenze produttive gli strumenti di pianificazione e governo del territorio (pur rifiutando una logica di abbandono delle realtà industriali produttive e la loro sostituzione, ad esempio, con aree commerciali); può svolgere il compito non banale di facilitare le relazioni fra i diversi soggetti coinvolti, augurandosi che si muovano tutti nello sforzo coerente e convinto di affrontare i problemi difendendo le proprie legittime esigenze ma nell’ottica di trovare soluzioni.
Il Comune poi ha il compito di farsi interprete e rappresentante della comunità dei cittadini e delle sue diverse sensibilità; anche per questo, ha il dovere di mantenere alta la propria credibilità, facendo tutto il possibile per ridare significato e valore ad un senso delle istituzioni troppo frequentemente offeso da comportamenti indecenti.
Il punto è la necessità di volare alto, per dare concretezza ad una visione possibile della Genova di domani.