Innanzi tutto i numeri. A Genova, nel 2012, il 6% degli anziani (9.838 su 164.169 residenti) ha fruito di un aiuto dei Servizi sociali mentre il 2,3% della popolazione adulta (8.314 su 358.581) risulta in difficoltà. Ma il dato più allarmante riguarda i minori, il 9,8 %, quasi uno ogni 10, viene seguito dai servizi sociali (8.291 su 84.353). Un quadro di disagio e di povertà che il Comune di Genova deve affrontare sotto i colpi di una crisi economica che accelera i bisogni e frena le risorse.
Ne ha parlato questa mattina a Palazzo Tursi, nel corso di una conferenza stampa, l’assessore alle politiche sociali Paola Dameri. “Abbiamo fatto – ha detto l’assessore – uno screening territoriale per fare emergere le fragilità territoriali. Lo studio ci ha restituito il quadro, in parte già noto, di una città anziana, con meno lavoro e un forte, forse poco conosciuto, disagio minorile”. Aree di bisogno che, in un contesto di forte crisi economica, raggiungono fasce della popolazione nuove e impreparate ad affrontare fenomeni di emarginazione.
“Nasce l’esigenza – prosegue Dameri – di riorganizzare e innovare le politiche sociali, individuando le maggiori e recenti fragilità, alle quali rispondere in modo più puntuale, attraverso alcune linee di priorità come l’affido familiare, la social card, la lotta alla dispersione scolastica e l’assistenza domiciliare, per prevenire l’istituzionalizzazione degli anziani”. Tra poche settimane partirà un nuovo progetto che riguarda la dimissione protetta degli anziani. Si torna a parlare cioè del fenomeno del cosiddetto “tornello”: l’anziano che, dimesso dall’ospedale, vi fa ritorno poco dopo perché non in grado di badare a se stesso in casa.
“Un progetto – ha detto l’assessore – che ci consente di sperimentare l’integrazione socio-sanitaria, cioè badare contemporaneamente alla cura e alla salute della persona. L’obiettivo è quello di ridurre i ricoveri ospedalieri impropri, intercettando e valutando precocemente, entro massimo 48 ore, le persone “fragili” che accedono al Pronto Soccorso”.
Ma quali sono i parametri, per capire chi ha necessità di un percorso di continuità assistenziale anche a casa? In prima battuta sarà un infermiere del Pronto soccorso che, in occasione del triage, l’accettazione, verificherà l'esistenza o meno di pochi ma significativi gradi di rischio di fragilità che sono: un precedente ricovero nello stesso ospedale negli ultimi 60 giorni; codice colore bianco, verde, giallo; sospetta malnutrizione/disidratazione; stato confusionale; igiene personale scadente e, infine, paziente non accompagnato da parenti. Il progetto verrà finanziato con 400 mila euro da Regione e ministero del welfare.
Ne ha parlato questa mattina a Palazzo Tursi, nel corso di una conferenza stampa, l’assessore alle politiche sociali Paola Dameri. “Abbiamo fatto – ha detto l’assessore – uno screening territoriale per fare emergere le fragilità territoriali. Lo studio ci ha restituito il quadro, in parte già noto, di una città anziana, con meno lavoro e un forte, forse poco conosciuto, disagio minorile”. Aree di bisogno che, in un contesto di forte crisi economica, raggiungono fasce della popolazione nuove e impreparate ad affrontare fenomeni di emarginazione.
“Nasce l’esigenza – prosegue Dameri – di riorganizzare e innovare le politiche sociali, individuando le maggiori e recenti fragilità, alle quali rispondere in modo più puntuale, attraverso alcune linee di priorità come l’affido familiare, la social card, la lotta alla dispersione scolastica e l’assistenza domiciliare, per prevenire l’istituzionalizzazione degli anziani”. Tra poche settimane partirà un nuovo progetto che riguarda la dimissione protetta degli anziani. Si torna a parlare cioè del fenomeno del cosiddetto “tornello”: l’anziano che, dimesso dall’ospedale, vi fa ritorno poco dopo perché non in grado di badare a se stesso in casa.
“Un progetto – ha detto l’assessore – che ci consente di sperimentare l’integrazione socio-sanitaria, cioè badare contemporaneamente alla cura e alla salute della persona. L’obiettivo è quello di ridurre i ricoveri ospedalieri impropri, intercettando e valutando precocemente, entro massimo 48 ore, le persone “fragili” che accedono al Pronto Soccorso”.
Ma quali sono i parametri, per capire chi ha necessità di un percorso di continuità assistenziale anche a casa? In prima battuta sarà un infermiere del Pronto soccorso che, in occasione del triage, l’accettazione, verificherà l'esistenza o meno di pochi ma significativi gradi di rischio di fragilità che sono: un precedente ricovero nello stesso ospedale negli ultimi 60 giorni; codice colore bianco, verde, giallo; sospetta malnutrizione/disidratazione; stato confusionale; igiene personale scadente e, infine, paziente non accompagnato da parenti. Il progetto verrà finanziato con 400 mila euro da Regione e ministero del welfare.