La messinscena dell'opera In the Penal Colony, composta nel duemila da Philip Glass, capofila di quello che possiamo chiamare “minimalismo musicale” è l'occasione per Eutopia Ensemble e il Teatro della Tosse per continuare a proporre al pubblico un repertorio musicale, in questo caso lirico, contemporaneo di alta cultura.
Lo spettacolo è tratto dal racconto Nella colonia penale, pubblicato nel 1919 è uno dei racconti più intensi e complessi di Kafka, dove protagonista è la macchina inventata da un comandante della colonia penale, uno strumento di tortura apparentemente perfetto, che uccide il condannato incidendo sul suo corpo la colpa commessa.
Il libretto dell’opera costruisce un ambiente sonoro claustrofobico nel quale le ripetizioni ipnotiche di Philip Glass restituiscono all'ascolto gli incubi dell'immaginario kafkiano, e il pubblico, come nel racconto kafkiano, viene invitato ad assistere all’esecuzione di un soldato condannato per insubordinazione. Lo spettacolo vuole portare lo spettatore ad interrogarsi sul proprio silenzio e come l’indifferenza può diventare crimine.
Quello che colpisce, musicalmente, di quest’opera, dice Matteo Manzitti direttore di Eutopia Ensamble: “è il colore del quintetto d’archi, in cui la presenza del contrabbasso “tinge” il timbro di una costante scurezza, se vi è infatti una generale differenza trai due grandi padri del minimalismo americano ancora oggi all’apice del successo, Steve Reich e Philip Glass, è proprio nel colore, dove Reich è spesso più brillante e chiaro, Glass è più scuro e misterioso. E questa atmosfera accompagna la vicenda fino all’epilogo finale, in un certo senso preannunciandolo. Ma il mistero che avvolge la musica e che aleggia sopra le teste dei due principali personaggi ci fa dubitare persino dei fatti che abbiamo davanti agli occhi”.
Nel mettere in scena un’opera come quella di Glass, tanto surreale quanto profetico, è stato necessario approcciarsi con la stessa ricerca dell’essenziale che caratterizza le scelte musicali, senza sottolineare o commentare gli avvenimenti, ma semplicemente consegnandoli allo spettatore così come sono. L’impianto scenico è quindi asciutto e minimale, con una struttura accerchiante che simboleggia gli elementi principali della macchina di tortura descritti con enfasi, nell’opera di Kafka.
Sul palco l’Ensemble non è relegato a lato, ma è parte integrante della scena, spettatore anche esso degli eventi, assieme a due dei quattro personaggi del racconto: l’ufficiale e il visitatore.
Ad atterrire nella Macchina non sono tanto la struttura o il funzionamento, quanto la sua funzione: ciò che rappresenta. “evocata”, oltre che dalla musica scura e inquietante, dalle videoproiezioni di Paolo Bonfiglio, artista visivo eclettico ed originale, capace di rendere con il suo tratto la desolante e implacabile vicenda di cui l’opera tratta.
Biglietto intero € 14; ridotto € 12
Biglietto ridotto per abbonati Gog e abbonati Teatro Carlo Felice
Informazioni: www.teatrodellatosse.it
Lo spettacolo è tratto dal racconto Nella colonia penale, pubblicato nel 1919 è uno dei racconti più intensi e complessi di Kafka, dove protagonista è la macchina inventata da un comandante della colonia penale, uno strumento di tortura apparentemente perfetto, che uccide il condannato incidendo sul suo corpo la colpa commessa.
Il libretto dell’opera costruisce un ambiente sonoro claustrofobico nel quale le ripetizioni ipnotiche di Philip Glass restituiscono all'ascolto gli incubi dell'immaginario kafkiano, e il pubblico, come nel racconto kafkiano, viene invitato ad assistere all’esecuzione di un soldato condannato per insubordinazione. Lo spettacolo vuole portare lo spettatore ad interrogarsi sul proprio silenzio e come l’indifferenza può diventare crimine.
Quello che colpisce, musicalmente, di quest’opera, dice Matteo Manzitti direttore di Eutopia Ensamble: “è il colore del quintetto d’archi, in cui la presenza del contrabbasso “tinge” il timbro di una costante scurezza, se vi è infatti una generale differenza trai due grandi padri del minimalismo americano ancora oggi all’apice del successo, Steve Reich e Philip Glass, è proprio nel colore, dove Reich è spesso più brillante e chiaro, Glass è più scuro e misterioso. E questa atmosfera accompagna la vicenda fino all’epilogo finale, in un certo senso preannunciandolo. Ma il mistero che avvolge la musica e che aleggia sopra le teste dei due principali personaggi ci fa dubitare persino dei fatti che abbiamo davanti agli occhi”.
Nel mettere in scena un’opera come quella di Glass, tanto surreale quanto profetico, è stato necessario approcciarsi con la stessa ricerca dell’essenziale che caratterizza le scelte musicali, senza sottolineare o commentare gli avvenimenti, ma semplicemente consegnandoli allo spettatore così come sono. L’impianto scenico è quindi asciutto e minimale, con una struttura accerchiante che simboleggia gli elementi principali della macchina di tortura descritti con enfasi, nell’opera di Kafka.
Sul palco l’Ensemble non è relegato a lato, ma è parte integrante della scena, spettatore anche esso degli eventi, assieme a due dei quattro personaggi del racconto: l’ufficiale e il visitatore.
Ad atterrire nella Macchina non sono tanto la struttura o il funzionamento, quanto la sua funzione: ciò che rappresenta. “evocata”, oltre che dalla musica scura e inquietante, dalle videoproiezioni di Paolo Bonfiglio, artista visivo eclettico ed originale, capace di rendere con il suo tratto la desolante e implacabile vicenda di cui l’opera tratta.
Biglietto intero € 14; ridotto € 12
Biglietto ridotto per abbonati Gog e abbonati Teatro Carlo Felice
Informazioni: www.teatrodellatosse.it