Si fa a presto a dire cibo biologico, a filiera corta e possibilmente a chilometri zero, ma spesso i bambini non apprezzano le vivande più genuine. E poi la Liguria non è l’Emilia, paragone obbligato quando si parla di servizi scolastici: ha aziende agricole meno numerose, più piccole, con produzioni più limitate.
Ma nella seduta odierna della Commissione Welfare, riunita con rappresentanti dei Municipi in presenza di Pino Boero, assessore alle Scuole, l’orientamento comune è di andare avanti con un servizio che, tra mille difficoltà, ha caratteristiche d’eccellenza.
La scelta di un’alimentazione per quanto possibile di qualità, e in questo contesto quella dell’introduzione di prodotti biologici, non è solo imposta da leggi regionali e nazionali, ma corrisponde a un preciso impegno pedagogico, perché, come ricorda Boero, «la dimensione educativa del mangiare insieme è fondamentale; il riconoscimento di ciò è stata una grande intuizione della scuola del Tempo Pieno».
A questo proposito una consigliera, che non sa sul momento citare con precisione il luogo, parla di un comune dell’Europa del nord: per sensibilizzare la popolazione sul rischio cardiovascolare e sul regime alimentare adatto a prevenirlo, la municipalità scelse un menu che una volta la settimana non contenesse proteine di origine animale.
Fu un successo, al punto che la scelta fu condivisa da molti ristoranti della zona e da molte famiglie.
Le scelte relative alla qualità dell’alimentazione devono perciò essere mantenute, anche se una parte delle famiglie non le condivide.
Molti genitori infatti sottovalutano l’importanza dell’educazione alimentare. Spesso le madri e i padri, di fronte al rifiuto del bambino di mangiare per esempio la frutta o la verdura o il pesce, ritengono giusto ripiegare su alimenti di minore qualità. Anche una merendina confezionata andrebbe bene, per far mangiare il figlio. Queste famiglie ovviamente richiedono alla scuola un atteggiamento analogo al proprio.
Il Comune di Genova aderisce, in questo senso, al progetto “Bampè”, Bambini e Prodotti agricoli d’Eccellenza.
Un servizio di mensa per le scuole comporta, per sua natura, un grande spreco di cibo: le porzioni devono essere sufficienti per tutti gli allievi iscritti al servizio, mentre la scelta dei cibi, come abbiamo visto, non è gradita a tanti bambini.
Per limitare lo spreco, gli avanzi sono dati a onlus che forniscono pasti ai poveri. Esiste anche la proposta, considerata educativa anche per le famiglie, di dare al ragazzo il pacchetto di ciò che non ha mangiato, da portare a casa.
Un altro spreco, di grande impatto ambientale, è la produzione di rifiuti dovuta all’uso di stoviglie usa e getta. Per limitarlo e migliorare nel contempo la qualità del servizio si sta lavorando per fornire le scuole, ove possibile, di lavastoviglie.
Il progetto del “Fruttometro”, cresciuto nelle scuole genovesi nell’arco di un decennio, va nel senso dell’educazione alimentare ma anche della riduzione dello spreco: dare agli scolari a metà mattinata, come merenda, la razione di frutta prevista per il pranzo è ovviamente un atto educativo, ma anche un’azione concreta per ridurre gli sprechi: a quell'ora, quando sentono il bisogno di uno spuntino, i ragazzi sono più disposti a gustare la frutta di quanto non lo siano al termine del pranzo.
L’impegno del Comune rimane alto per il mantenimento dei centri di cottura interni, gestiti da personale dell’ente o da cooperative, e dei controlli di qualità, su cui è stata data in aula ampia relazione.
Nonostante le difficoltà economiche si va avanti, senza perdere di vista la funzione educativa della scuola.
Ma nella seduta odierna della Commissione Welfare, riunita con rappresentanti dei Municipi in presenza di Pino Boero, assessore alle Scuole, l’orientamento comune è di andare avanti con un servizio che, tra mille difficoltà, ha caratteristiche d’eccellenza.
La scelta di un’alimentazione per quanto possibile di qualità, e in questo contesto quella dell’introduzione di prodotti biologici, non è solo imposta da leggi regionali e nazionali, ma corrisponde a un preciso impegno pedagogico, perché, come ricorda Boero, «la dimensione educativa del mangiare insieme è fondamentale; il riconoscimento di ciò è stata una grande intuizione della scuola del Tempo Pieno».
A questo proposito una consigliera, che non sa sul momento citare con precisione il luogo, parla di un comune dell’Europa del nord: per sensibilizzare la popolazione sul rischio cardiovascolare e sul regime alimentare adatto a prevenirlo, la municipalità scelse un menu che una volta la settimana non contenesse proteine di origine animale.
Fu un successo, al punto che la scelta fu condivisa da molti ristoranti della zona e da molte famiglie.
Le scelte relative alla qualità dell’alimentazione devono perciò essere mantenute, anche se una parte delle famiglie non le condivide.
Molti genitori infatti sottovalutano l’importanza dell’educazione alimentare. Spesso le madri e i padri, di fronte al rifiuto del bambino di mangiare per esempio la frutta o la verdura o il pesce, ritengono giusto ripiegare su alimenti di minore qualità. Anche una merendina confezionata andrebbe bene, per far mangiare il figlio. Queste famiglie ovviamente richiedono alla scuola un atteggiamento analogo al proprio.
Il Comune di Genova aderisce, in questo senso, al progetto “Bampè”, Bambini e Prodotti agricoli d’Eccellenza.
Un servizio di mensa per le scuole comporta, per sua natura, un grande spreco di cibo: le porzioni devono essere sufficienti per tutti gli allievi iscritti al servizio, mentre la scelta dei cibi, come abbiamo visto, non è gradita a tanti bambini.
Per limitare lo spreco, gli avanzi sono dati a onlus che forniscono pasti ai poveri. Esiste anche la proposta, considerata educativa anche per le famiglie, di dare al ragazzo il pacchetto di ciò che non ha mangiato, da portare a casa.
Un altro spreco, di grande impatto ambientale, è la produzione di rifiuti dovuta all’uso di stoviglie usa e getta. Per limitarlo e migliorare nel contempo la qualità del servizio si sta lavorando per fornire le scuole, ove possibile, di lavastoviglie.
Il progetto del “Fruttometro”, cresciuto nelle scuole genovesi nell’arco di un decennio, va nel senso dell’educazione alimentare ma anche della riduzione dello spreco: dare agli scolari a metà mattinata, come merenda, la razione di frutta prevista per il pranzo è ovviamente un atto educativo, ma anche un’azione concreta per ridurre gli sprechi: a quell'ora, quando sentono il bisogno di uno spuntino, i ragazzi sono più disposti a gustare la frutta di quanto non lo siano al termine del pranzo.
L’impegno del Comune rimane alto per il mantenimento dei centri di cottura interni, gestiti da personale dell’ente o da cooperative, e dei controlli di qualità, su cui è stata data in aula ampia relazione.
Nonostante le difficoltà economiche si va avanti, senza perdere di vista la funzione educativa della scuola.