Approda in consiglio comunale, con un incontro, due interrogazione e la risposta dell’assessore alle politiche del lavoro Mario Margini, la difficile vertenza dello stabilimento genovese di Alcatel Lucent, che ha sede nel grattacielo Ansaldo della Fiumara, per il quale lo scorso 14 novembre, durante il convegno di Assolombarda milanese, è stata annunciata - in tutta fretta - la chiusura. La comunicazione è arrivata dall’azienda stessa, senza peraltro alcun piano alternativo sul destino dei dipendenti. Nel centro di ricerca di Genova lavorano in 62, quasi tutti ingegneri: 33 sono dipendenti di Alcatel, 29 hanno contratti con ditte esterne. Si tratta di lavoratori ad alta specializzazione, con esperienza nel settore della ricerca e sviluppo di prodotti nel campo delle telecomunicazioni.
Prima del Consiglio una delegazione di lavoratori ha incontrato l’assessore Margini e in apertura di seduta le consigliere Mannu e Tassistro hanno chiesto alla giunta di essere informate sulla vertenza e sulla sorte dei dipendenti dell’impresa genovese, una quarantina dei quali hanno seguito compostamente i lavori seduti nell’area riservata al pubblico.
«La chiusura della sede genovese di Alcatel - ha risposto Margini - produrrebbe delle conseguenze che vanno al di là del già pesante trasferimento dei lavoratori». Margini ha ricordato l’estrema importanza per la nostra città di conservare nel proprio tessuto produttivo il centro di ricerca sulla telefonia e non ha negato che esista una crisi a livello mondiale nel settore telefonico, «ma ciò non toglie – ha aggiunto - che noi dobbiamo difendere i nostri siti produttivi, soprattutto quelli ad alta tecnologia. Insieme alla Regione abbiamo già chiesto a Roma la costituzione di un confronto regionale ma, di fronte alle perplessità da parte del ministero, abbiamo optato per l'attivazione di un tavolo a livello nazionale. Il giudizio che diamo a questa decisione di Alcatel è molto grave, in sè, e per la valenza che assume: non l’accetteremo certo passivamente».
Sulla vicenda il Consiglio ha poi approvato un ordine del giorno che impegna la giunta e il sindaco «ad attivare tavoli di confronto con il governo ed Alcatel Lucent per verificare i presupposti al mantenimento operativo e funzionale dell’azienda, proponendo soluzioni logistiche atte a inquadrare le attività nel quadro strategico cittadino, senza escludere attivazioni di sinergie tra le diverse realtà di settore».
Per la Rappresentanza sindacale unitaria, che ha riassunto l’odissea della società, «dopo l’annuncio del CEO, l’olandese Ben Verwaayen, dei pessimi risultati ottenuti dalla multinazionale nel terzo quarto del 2011, la credibilità del gruppo dirigente presso gli azionisti e nei mercati internazionali è ridotta al lumicino, dopo essere stata ampiamente messa alla prova dalla tendenza in atto del valore in borsa delle azioni: meno due terzi da luglio. Come da triste e recente consuetudine, le disavventure finanziare si traducono istantaneamente in guai industriali e sociali. La sfiducia sul gruppo dirigente non comporta la sua immediata sostituzione o almeno una profonda ridiscussione delle strategie della società, ma solo un colpo di coda all’insegna di iniziative ben evidenti e di presa immediata sugli azionisti scontenti. Tagli facili. Subito».
I tagli si traducono nella decisione di chiudere tutti gli stabilimenti Alcatel più piccoli nel mondo, concentrando il lavoro nei grandi poli per ottimizzare le risorse: «Una logica vecchia, che oggi a nostro avviso può essere aggirata facilmente – spiega Antonio Tosi, delegato della Rsu di Alcatel Lucent Genova – semplicemente continuando a lavorare come abbiamo sempre lavorato, sfruttando la tecnologia per videoconferenze a distanza, condivisione di documenti e organizzando le riunioni plenarie soltanto ove ce ne sia bisogno».
Esiste la possibilità che i dipendenti vengano trasferiti in un altro sito (come quello di Vimercate, sede legale di Alcatel in Italia), ma la soluzione più accreditata pare la cessione di un ramo d’azienda ma, continua Tosi, «resta da capire a quale azienda, non sappiamo ancora nulla, e comunque le trattative si dovranno svolgere tra Alcatel Lucent e la società che deciderà di rilevare il ramo».
Da qui la decisione di coinvolgere intanto il Comune, da cui è arrivata una netta presa di posizione a favore del mantenimento del sito e dell’occupazione. «Sicuramente – continua Tosi – ci rivolgeremo anche alla Regione Liguria (che, si legge in un comunicato stampa della Rsu, «ha profumatamente sponsorizzato» lo stabilimento di Genova - ndr), perché il Comune potrebbe non essere in possesso degli strumenti legislativi per far fronte al problema».
Prima del Consiglio una delegazione di lavoratori ha incontrato l’assessore Margini e in apertura di seduta le consigliere Mannu e Tassistro hanno chiesto alla giunta di essere informate sulla vertenza e sulla sorte dei dipendenti dell’impresa genovese, una quarantina dei quali hanno seguito compostamente i lavori seduti nell’area riservata al pubblico.
«La chiusura della sede genovese di Alcatel - ha risposto Margini - produrrebbe delle conseguenze che vanno al di là del già pesante trasferimento dei lavoratori». Margini ha ricordato l’estrema importanza per la nostra città di conservare nel proprio tessuto produttivo il centro di ricerca sulla telefonia e non ha negato che esista una crisi a livello mondiale nel settore telefonico, «ma ciò non toglie – ha aggiunto - che noi dobbiamo difendere i nostri siti produttivi, soprattutto quelli ad alta tecnologia. Insieme alla Regione abbiamo già chiesto a Roma la costituzione di un confronto regionale ma, di fronte alle perplessità da parte del ministero, abbiamo optato per l'attivazione di un tavolo a livello nazionale. Il giudizio che diamo a questa decisione di Alcatel è molto grave, in sè, e per la valenza che assume: non l’accetteremo certo passivamente».
Sulla vicenda il Consiglio ha poi approvato un ordine del giorno che impegna la giunta e il sindaco «ad attivare tavoli di confronto con il governo ed Alcatel Lucent per verificare i presupposti al mantenimento operativo e funzionale dell’azienda, proponendo soluzioni logistiche atte a inquadrare le attività nel quadro strategico cittadino, senza escludere attivazioni di sinergie tra le diverse realtà di settore».
Per la Rappresentanza sindacale unitaria, che ha riassunto l’odissea della società, «dopo l’annuncio del CEO, l’olandese Ben Verwaayen, dei pessimi risultati ottenuti dalla multinazionale nel terzo quarto del 2011, la credibilità del gruppo dirigente presso gli azionisti e nei mercati internazionali è ridotta al lumicino, dopo essere stata ampiamente messa alla prova dalla tendenza in atto del valore in borsa delle azioni: meno due terzi da luglio. Come da triste e recente consuetudine, le disavventure finanziare si traducono istantaneamente in guai industriali e sociali. La sfiducia sul gruppo dirigente non comporta la sua immediata sostituzione o almeno una profonda ridiscussione delle strategie della società, ma solo un colpo di coda all’insegna di iniziative ben evidenti e di presa immediata sugli azionisti scontenti. Tagli facili. Subito».
I tagli si traducono nella decisione di chiudere tutti gli stabilimenti Alcatel più piccoli nel mondo, concentrando il lavoro nei grandi poli per ottimizzare le risorse: «Una logica vecchia, che oggi a nostro avviso può essere aggirata facilmente – spiega Antonio Tosi, delegato della Rsu di Alcatel Lucent Genova – semplicemente continuando a lavorare come abbiamo sempre lavorato, sfruttando la tecnologia per videoconferenze a distanza, condivisione di documenti e organizzando le riunioni plenarie soltanto ove ce ne sia bisogno».
Esiste la possibilità che i dipendenti vengano trasferiti in un altro sito (come quello di Vimercate, sede legale di Alcatel in Italia), ma la soluzione più accreditata pare la cessione di un ramo d’azienda ma, continua Tosi, «resta da capire a quale azienda, non sappiamo ancora nulla, e comunque le trattative si dovranno svolgere tra Alcatel Lucent e la società che deciderà di rilevare il ramo».
Da qui la decisione di coinvolgere intanto il Comune, da cui è arrivata una netta presa di posizione a favore del mantenimento del sito e dell’occupazione. «Sicuramente – continua Tosi – ci rivolgeremo anche alla Regione Liguria (che, si legge in un comunicato stampa della Rsu, «ha profumatamente sponsorizzato» lo stabilimento di Genova - ndr), perché il Comune potrebbe non essere in possesso degli strumenti legislativi per far fronte al problema».