Cinque pullman partiti all'alba delle cinque del mattino di sabato da Piazza Caricamento per portare quasi trecento persone a Roma, nelle settimane immediatamente precedenti alla data del 15 ottobre, la quantità di persone intenzionate a partecipare alla giornata di mobilitazione contro le politiche di austerity dei governi, indetta a livello globale dagli indignados spagnoli, è aumentata esponenzialmente, anche sull'onda delle iniziative organizzate nelle altre città, come #occupiamobankitalia e draghi ribelli, rimbalzate da nord a sud tramite i social networks.
Senza contare i viaggi organizzati da sindacati e partiti della sinistra, cinque i pullman messi in piedi solo dagli spazi sociali e dalla Comunità di San Benedetto, finanziati in parte da feste e iniziative pubbliche per permettere a tutte le tasche di scendere a Roma: prezzo del biglietto tra i 15 e i 20 euro, a seconda delle possibilità economiche di ciascuno.
Si, perchè a questa giornata volevano partecipare in molti: studenti medi, precari, universitari, disoccupati e lavoratori, tutti indignati di fronte al definanziamento dello stato sociale e allo strapotere delle logiche finanziarie e delle banche sulla vita dei cittadini.
«Dovevamo fare solo tre pullman - spiegano gli organizzatori - poi siamo arrivati a cinque e se non avessimo bloccato le richieste ne avremo forse riempiti altri due, abbiamo dovuto dire a molti di organizzarsi altrimenti, perchè, facendo altri bus, il prezzo del singolo biglietto sarebbe aumentato e la logica era di garantire un costo contenuto».
I genovesi partiti da Piazza Caricamento sono arrivati nel centro di Roma appena in tempo per unirsi allo spezzone degli universitari, partito dalla Sapienza insieme a quello del Teatro Valle e dell'ex Cinema Palazzo (occupati entrambi da mesi contro i tagli alla cultura) per unirsi al resto del grande, immenso corteo in Piazza Esedra diretto verso Piazza San Govanni.
In via Cavour i primi presagi della giornata che sarebbe stata: prime vetrine rotte, e piccoli incendi. Ma nessuno interviene, e il corteo lentamente prosegue, la coda senza vedere la testa. Arrivare in zona Colosseo diventa l’impresa, e da li si capisce che qualcosa non ha funzionato nell’organizzazione: la gente avanza, poi arretra, poi avanza ancora, poi si ferma. Nessuno capisce cosa succede e dove si sta andando; all’orizzonte, in zona San Giovanni, si vede del fumo e si sentono esplosioni.
L'ipotesi che si sarebbero verificati dei disordini era stata valutata per filo e per segno, come confermano alcuni gruppi dei centri sociali: «La nostra volontà è di arrivare sotto i palazzi del potere e di farlo con determinazione, salvaguardando tutti quelli che sono scesi con noi, abbiamo la responsabilità di tanti ragazzini che sono alla prima esperienza di piazza».
Così è stato in parte: tutti a casa incolumi ma le ventimila persone che, dietro ai book bloc – gli scudi libro - hanno composto quella parte di corteo, non si è potuta rendere conto di quanto stava accadendo in città, talmente grande era il lunghissimo serpentone diretto verso San Giovanni, e non ha mai potuto nemmeno tentare di dirigersi sotto il Parlamento a esprimere con le proprie pratiche il dissenso verso il governo e le logiche finanziarie che lo stanno manipolando.
Il corteo è spezzato in due: da piazza San Giovanni arrivano notizie di scontri violenti, mentre la coda della manifestazione risulta ancora bloccata, tra indecisioni, paure e mancanza di informazioni. Il disordine regna sovrano: chi torna indietro parla di guerrilla, lacrimogeni e cariche dei blindati, chi sta dietro non sa nulla e non capisce il perché di questa situazione. Nel frattempo la gente si sparpaglia per la città: chi vuole raggiungere l’obelisco del Laterano lo fa per vie secondarie, utilizzate anche da chi scappa o torna indietro.
Questa parte di corteo, quindi, ha scelto di proseguire comunque, marciando verso Circo Massimo, Piramide, il quartiere di San Giovanni, dirigendosi verso San Lorenzo e la Sapienza, bloccando la Tangenziale Est, attraversando le zone che fino a qualche ora prima erano state teatro di duri scontri e portandosi dietro molte di quelle persone coinvolte nei disordini di Piazza San Giovanni.
«In nessun media main stream si parla del dato dell'incredibile partecipazione che ha portato forse un milione di persone a bloccare Roma, la solita retorica dei buoni e cattivi non porta mai a interrogare la classe politica sulle cause di tanto disagio che si esprime con tutta questa rabbia», è uno dei commenti raccolti dopo una giornata di caos.
Arrivano le sette di sera. I genovesi si radunano, si ritrovano per il rientro, ognuno con una esperienza diversa di questa manifestazione, ognuno con un’idea di quello che poteva essere. Una lunga e faticosa giornata di mobilitazione, attraversata da dinamiche non prevedibili: un po' di amaro in bocca per non essere riusciti ad esprimere come e quello che si voleva, ma fiduciosi che da questo partecipatissimo momento di piazza possa nascere un movimento forte ed incisivo che sappia contrapporsi a questa crisi sempre più feroce, creando un’alternativa per il futuro di tutti.
Senza contare i viaggi organizzati da sindacati e partiti della sinistra, cinque i pullman messi in piedi solo dagli spazi sociali e dalla Comunità di San Benedetto, finanziati in parte da feste e iniziative pubbliche per permettere a tutte le tasche di scendere a Roma: prezzo del biglietto tra i 15 e i 20 euro, a seconda delle possibilità economiche di ciascuno.
Si, perchè a questa giornata volevano partecipare in molti: studenti medi, precari, universitari, disoccupati e lavoratori, tutti indignati di fronte al definanziamento dello stato sociale e allo strapotere delle logiche finanziarie e delle banche sulla vita dei cittadini.
«Dovevamo fare solo tre pullman - spiegano gli organizzatori - poi siamo arrivati a cinque e se non avessimo bloccato le richieste ne avremo forse riempiti altri due, abbiamo dovuto dire a molti di organizzarsi altrimenti, perchè, facendo altri bus, il prezzo del singolo biglietto sarebbe aumentato e la logica era di garantire un costo contenuto».
I genovesi partiti da Piazza Caricamento sono arrivati nel centro di Roma appena in tempo per unirsi allo spezzone degli universitari, partito dalla Sapienza insieme a quello del Teatro Valle e dell'ex Cinema Palazzo (occupati entrambi da mesi contro i tagli alla cultura) per unirsi al resto del grande, immenso corteo in Piazza Esedra diretto verso Piazza San Govanni.
In via Cavour i primi presagi della giornata che sarebbe stata: prime vetrine rotte, e piccoli incendi. Ma nessuno interviene, e il corteo lentamente prosegue, la coda senza vedere la testa. Arrivare in zona Colosseo diventa l’impresa, e da li si capisce che qualcosa non ha funzionato nell’organizzazione: la gente avanza, poi arretra, poi avanza ancora, poi si ferma. Nessuno capisce cosa succede e dove si sta andando; all’orizzonte, in zona San Giovanni, si vede del fumo e si sentono esplosioni.
L'ipotesi che si sarebbero verificati dei disordini era stata valutata per filo e per segno, come confermano alcuni gruppi dei centri sociali: «La nostra volontà è di arrivare sotto i palazzi del potere e di farlo con determinazione, salvaguardando tutti quelli che sono scesi con noi, abbiamo la responsabilità di tanti ragazzini che sono alla prima esperienza di piazza».
Così è stato in parte: tutti a casa incolumi ma le ventimila persone che, dietro ai book bloc – gli scudi libro - hanno composto quella parte di corteo, non si è potuta rendere conto di quanto stava accadendo in città, talmente grande era il lunghissimo serpentone diretto verso San Giovanni, e non ha mai potuto nemmeno tentare di dirigersi sotto il Parlamento a esprimere con le proprie pratiche il dissenso verso il governo e le logiche finanziarie che lo stanno manipolando.
Il corteo è spezzato in due: da piazza San Giovanni arrivano notizie di scontri violenti, mentre la coda della manifestazione risulta ancora bloccata, tra indecisioni, paure e mancanza di informazioni. Il disordine regna sovrano: chi torna indietro parla di guerrilla, lacrimogeni e cariche dei blindati, chi sta dietro non sa nulla e non capisce il perché di questa situazione. Nel frattempo la gente si sparpaglia per la città: chi vuole raggiungere l’obelisco del Laterano lo fa per vie secondarie, utilizzate anche da chi scappa o torna indietro.
Questa parte di corteo, quindi, ha scelto di proseguire comunque, marciando verso Circo Massimo, Piramide, il quartiere di San Giovanni, dirigendosi verso San Lorenzo e la Sapienza, bloccando la Tangenziale Est, attraversando le zone che fino a qualche ora prima erano state teatro di duri scontri e portandosi dietro molte di quelle persone coinvolte nei disordini di Piazza San Giovanni.
«In nessun media main stream si parla del dato dell'incredibile partecipazione che ha portato forse un milione di persone a bloccare Roma, la solita retorica dei buoni e cattivi non porta mai a interrogare la classe politica sulle cause di tanto disagio che si esprime con tutta questa rabbia», è uno dei commenti raccolti dopo una giornata di caos.
Arrivano le sette di sera. I genovesi si radunano, si ritrovano per il rientro, ognuno con una esperienza diversa di questa manifestazione, ognuno con un’idea di quello che poteva essere. Una lunga e faticosa giornata di mobilitazione, attraversata da dinamiche non prevedibili: un po' di amaro in bocca per non essere riusciti ad esprimere come e quello che si voleva, ma fiduciosi che da questo partecipatissimo momento di piazza possa nascere un movimento forte ed incisivo che sappia contrapporsi a questa crisi sempre più feroce, creando un’alternativa per il futuro di tutti.