Maestà,
Signor Presidente della Repubblica del Portogallo,
Signor Vice Presidente della Commissione Europea,
Autorità, Signore e Signori,
sono particolarmente lieto di dare il benvenuto al Re Juan Carlos e al Presidente Cavaco Silva coi quali ho il piacere di incontrarmi a conferma della profonda amicizia fra i nostri Paesi.
Nella città di Genova - che ospita importanti centri universitari e istituti di eccellenza scientifica e tecnologica - confluiscono i legami che una lunga storia di marineria, commerci, scoperte e imprenditorialità ha intessuto fra le nostre tre Nazioni europee, unite dalla geografia mediterranea e proiettate verso l'Atlantico. Oggi, nel mondo globale, la sfida si chiama innovazione, ricerca, competitività. E' una sfida che riguarda tutti: il rinnovamento scientifico, tecnologico e industriale è la miglior risposta alla crisi - alla crisi economico-finanziaria come alla crisi di fiducia che investe in modo particolare in questo momento l'eurozona.
Affrontando oggi i temi del finanziamento pubblico e privato, del ruolo del capitale umano e della domanda pubblica nel campo dell'innovazione tecnologica, andiamo al cuore delle politiche sulla ricerca.
Alla fine dello scorso decennio sia la Commissione europea che l'OCSE hanno condotto una valutazione dello stato dei processi di creazione, diffusione e utilizzo della conoscenza nelle rispettive aree geografiche di riferimento. L'iniziativa della Commissione Europea per una "Innovation Union", come componente essenziale della strategia "Europa 2020", ha richiamato i Paesi UE a una crescente integrazione per il raggiungimento di ambiziosi obiettivi comuni (incluso un rapporto spesa per ricerca e sviluppo, sul Prodotto Interno Lordo, Pil, che si avvicini al 3 per cento, come in Usa e in Giappone). L'Italia ha sempre sostenuto l'obbiettivo di uno spazio europeo della ricerca. Il prossimo quadro finanziario dell'Unione Europea per il 2014 e 2020 si muove da questo punto di vista nella giusta direzione ed è importante ricordare anche il grande programma Smart City della Commissione Europea che metterà a disposizione delle città dell'Unione ingenti risorse nei prossimi anni.
La ricerca e l'innovazione "costano": in energie umane, in formazione, in tempo e volontà di sperimentare. Ma è un investimento pagante per la competitività dei nostri Paesi e un motore per una ripresa rapida, sostenibile e duratura. Tanto più necessario nell'attuale crisi globale, che rende più acuto il problema della bassa crescita in Europa. La strada è quella del cambiamento strutturale del nostro sistema economico, tornando a presidiare settori ad alta tecnologia e ad elevato valore aggiunto, con imprese di dimensione adeguata e ricche di conoscenza e talenti. Sono necessarie nuove politiche per l'innovazione, che valorizzino i fattori chiave della produttività (investimenti in ricerca, software, formazione di capitale umano, pubblicità design, organizzazione aziendale), la complementarietà delle strategie innovative delle imprese, la inter e multi-disciplinarietà della ricerca e lo sviluppo di reti di collaborazione per la gestione di progetti di ricerca e innovazione. Va costruito un nuovo genere di bene comune, una grande infrastruttura tecnologica e immateriale che faccia dialogare persone e oggetti, integrando informazioni e generando intelligenza, producendo inclusione e migliorando il nostro vivere quotidiano.<
Per quanto riguarda l'Italia conosciamo le difficoltà con cui quotidianamente si confrontano i nostri ricercatori e i nostri docenti, e sappiamo che la scala delle risorse loro destinate è largamente inferiore a quanto auspicato. Il nostro sistema nazionale di ricerca e innovazione mostra punti di forza e di debolezza. In particolare, l'intensità della spesa per Ricerca e Sviluppo in termini di Pil, pur restando strutturalmente al di sotto della media Ue (1,3% per l'Italia rispetto al 2% europeo), è cresciuta del 2,3% annuo tra il 2000 e il 2009, con incrementi della spesa per ricerca e sviluppo industriale anche superiori, in alcuni anni, al 10%. D'altra parte, la spesa per ricerca e sviluppo delle imprese appare ancora inadeguata rispetto ai partner europei, con un rapporto sul Pil dello 0,64% rispetto ad una media Ue dell'1,23%.
Tuttavia, proprio in questa situazione di difficoltà è oltremodo importante impegnarci per esprimere una visione strategica ampia e di medio periodo, con la quale ridisegnare le modalità di relazione tra ricerca, formazione e sistema delle imprese.
Alla luce di queste considerazioni generali sono convinto che l'impegno delle COTEC nazionali e una loro più stretta collaborazione possano dare un importante contributo alla ripresa delle nostre economie motivando i nostri imprenditori più dinamici e creativi - e mi rallegro della presenza qui di molti di loro - all'incremento di adeguati livelli di investimento in ricerca e innovazione; allo stesso tempo è necessaria una nuova centralità delle politiche per la ricerca e l'innovazione nelle scelte di governo e una più incisiva presenza del nostro Paese nella definizione delle politiche europee.
Rinnovo un cordiale saluto a tutti i partecipanti e, in particolare, ancora un benvenuto in Italia agli amici spagnoli e portoghesi.
Signor Presidente della Repubblica del Portogallo,
Signor Vice Presidente della Commissione Europea,
Autorità, Signore e Signori,
sono particolarmente lieto di dare il benvenuto al Re Juan Carlos e al Presidente Cavaco Silva coi quali ho il piacere di incontrarmi a conferma della profonda amicizia fra i nostri Paesi.
Nella città di Genova - che ospita importanti centri universitari e istituti di eccellenza scientifica e tecnologica - confluiscono i legami che una lunga storia di marineria, commerci, scoperte e imprenditorialità ha intessuto fra le nostre tre Nazioni europee, unite dalla geografia mediterranea e proiettate verso l'Atlantico. Oggi, nel mondo globale, la sfida si chiama innovazione, ricerca, competitività. E' una sfida che riguarda tutti: il rinnovamento scientifico, tecnologico e industriale è la miglior risposta alla crisi - alla crisi economico-finanziaria come alla crisi di fiducia che investe in modo particolare in questo momento l'eurozona.
Affrontando oggi i temi del finanziamento pubblico e privato, del ruolo del capitale umano e della domanda pubblica nel campo dell'innovazione tecnologica, andiamo al cuore delle politiche sulla ricerca.
Alla fine dello scorso decennio sia la Commissione europea che l'OCSE hanno condotto una valutazione dello stato dei processi di creazione, diffusione e utilizzo della conoscenza nelle rispettive aree geografiche di riferimento. L'iniziativa della Commissione Europea per una "Innovation Union", come componente essenziale della strategia "Europa 2020", ha richiamato i Paesi UE a una crescente integrazione per il raggiungimento di ambiziosi obiettivi comuni (incluso un rapporto spesa per ricerca e sviluppo, sul Prodotto Interno Lordo, Pil, che si avvicini al 3 per cento, come in Usa e in Giappone). L'Italia ha sempre sostenuto l'obbiettivo di uno spazio europeo della ricerca. Il prossimo quadro finanziario dell'Unione Europea per il 2014 e 2020 si muove da questo punto di vista nella giusta direzione ed è importante ricordare anche il grande programma Smart City della Commissione Europea che metterà a disposizione delle città dell'Unione ingenti risorse nei prossimi anni.
La ricerca e l'innovazione "costano": in energie umane, in formazione, in tempo e volontà di sperimentare. Ma è un investimento pagante per la competitività dei nostri Paesi e un motore per una ripresa rapida, sostenibile e duratura. Tanto più necessario nell'attuale crisi globale, che rende più acuto il problema della bassa crescita in Europa. La strada è quella del cambiamento strutturale del nostro sistema economico, tornando a presidiare settori ad alta tecnologia e ad elevato valore aggiunto, con imprese di dimensione adeguata e ricche di conoscenza e talenti. Sono necessarie nuove politiche per l'innovazione, che valorizzino i fattori chiave della produttività (investimenti in ricerca, software, formazione di capitale umano, pubblicità design, organizzazione aziendale), la complementarietà delle strategie innovative delle imprese, la inter e multi-disciplinarietà della ricerca e lo sviluppo di reti di collaborazione per la gestione di progetti di ricerca e innovazione. Va costruito un nuovo genere di bene comune, una grande infrastruttura tecnologica e immateriale che faccia dialogare persone e oggetti, integrando informazioni e generando intelligenza, producendo inclusione e migliorando il nostro vivere quotidiano.<
Per quanto riguarda l'Italia conosciamo le difficoltà con cui quotidianamente si confrontano i nostri ricercatori e i nostri docenti, e sappiamo che la scala delle risorse loro destinate è largamente inferiore a quanto auspicato. Il nostro sistema nazionale di ricerca e innovazione mostra punti di forza e di debolezza. In particolare, l'intensità della spesa per Ricerca e Sviluppo in termini di Pil, pur restando strutturalmente al di sotto della media Ue (1,3% per l'Italia rispetto al 2% europeo), è cresciuta del 2,3% annuo tra il 2000 e il 2009, con incrementi della spesa per ricerca e sviluppo industriale anche superiori, in alcuni anni, al 10%. D'altra parte, la spesa per ricerca e sviluppo delle imprese appare ancora inadeguata rispetto ai partner europei, con un rapporto sul Pil dello 0,64% rispetto ad una media Ue dell'1,23%.
Tuttavia, proprio in questa situazione di difficoltà è oltremodo importante impegnarci per esprimere una visione strategica ampia e di medio periodo, con la quale ridisegnare le modalità di relazione tra ricerca, formazione e sistema delle imprese.
Alla luce di queste considerazioni generali sono convinto che l'impegno delle COTEC nazionali e una loro più stretta collaborazione possano dare un importante contributo alla ripresa delle nostre economie motivando i nostri imprenditori più dinamici e creativi - e mi rallegro della presenza qui di molti di loro - all'incremento di adeguati livelli di investimento in ricerca e innovazione; allo stesso tempo è necessaria una nuova centralità delle politiche per la ricerca e l'innovazione nelle scelte di governo e una più incisiva presenza del nostro Paese nella definizione delle politiche europee.
Rinnovo un cordiale saluto a tutti i partecipanti e, in particolare, ancora un benvenuto in Italia agli amici spagnoli e portoghesi.