La buona gestione della Rumenta
Il futuro passa "porta a porta"

Durante il simposio organizzato sul tema dei rifiuti, esce fuori lo scenario che ci salverà: dimentichiamoci termovalorizzatori e discariche, da domani abbattimenti degli sprechi, differenziata porta a porta e co-combustibile

Testo Alternativo
L’intensa settimana dedicata ai rifiuti e al loro ciclo e riciclo, ha fatto tappa all’auditorium di Palazzo Rosso, in occasione del simposio organizzato dall’Associazione Irisistema, e con il patrocinio del Comune di genova: “Riciclo dei rifiuti: le regole per la buona gestione della Rumenta”. I lavori sono stati presieduti dall’assessore per la Decrescita e i Parchi del comune Pinuccia Montanari.

Il primo relatore è Alessandro Marangoni, ad di Althesis, società di consulenze, che ha illustrato gli scenari italiani della gestione dei rifiuti: ogni anno vengono spesi dai cittadini circa 12 miliardi di euro, attraverso la famigerata TIA, che al contrario della precedente TARSU, calcola la tariffa su base di cifre fisse e variabili, legate alla quantità prodotta. Questa tariffazione è stata istituita dalla legge Ronchi del 1997, anche se, ad oggi è applicata solamente sul 15% del territorio nazionale. Il problema, però, è che in questi anni, nel nostro paese, la produzione di rifiuti è aumentata vertiginosamente: dai 28 milioni di tonnellate del 1999, ai 32 milioni del 2009. Marangoni ha presentato due ipotesi di scenari futuribili, derivati da una scelta di policy che punti a implementare il riciclo e l’utilizzo di termovalorizzatori: queste ipotesi ridurrebbero l’utilizzo di discariche e i costi da parte dei cittadini.

«Non sono chiari però i costi di impatto ambientale degli impianti di questo tipo – ha sottolineato l’assessore, nemica dichiarata dei termovalorizzatori – e la quantificazione della ricaduta sulla salute della popolazione. Riciclare ha un bilancio di costi/benefici ben diverso».

Segue il rapido ma intenso intervento di Enzo Favoino, docente di Scuola Agrariadel Parco di Monza, che parte illustrando i difetti della soluzione italiana dei Termovalorizzatori, da anni opzione principale per la gestione dei rifiuti: «Nel nostro paese esiste il paradossale principio del “Vuoto per Pieno”, per cui le ditte che gestiscono questi impianti, se questi bruciano meno perché ci sono meno rifiuti, chiedono e ottengono soldi per colmare la differenza rispetto a quanto scritto nel contratto di gestione». In altre parole, anche se si producono meno rifiuti, la comunità paga lo stesso questa industria. Siamo in Italia, d’altra parte, non c’è da stupirsi. Non mancano, però, bilanci e situazioni positive: «Nel nostro paese, su circa 200 Kg di rifiuti all’anno pro capite, circa 60 Kg sono di umido, per un totale di 3 milioni e mezzo di tonnellate. Se gestito correttamente, questo potrebbe essere un buon inizio per l’abbattimento del rifiuto». Le statistiche, inoltre, dimostrano che la differenziata “porta a porta”, già in uso in molti comuni anche di grandi dimensioni come Torino, ha un bilancio più positivo di altri sistemi: costa meno, valorizza il capitale umano, abbatte la produzione del rifiuto stesso e aumenta e consolida strutturalmente la raccolta differenziata, generando anche una serie di comportamenti virtuosi dei cittadini.

Prende la parola Walter Ganapini, uno dei massimi esperti della gestione dei rifiuti secchi semplici: «A livello di gestione il “porta a porta” è sicuramente tra i più efficaci, poiché dopo pochissimo rientra dei costi di investimento, e non ha grosse spese nel funzionamento, al contrario degli impianti di termovalorizzazione. Inoltre – spiga lo scienziato – permette una gestione più funzionale dei rifiuti residui». Questi, infatti, sono circa il 35% della “rumenta” italiana: con il trattamento meccanico-biologico si possono ulteriormente separare dall’umido residuo, portandoli al 24% del totale. Da qui si possono scegliere quattro vie: la discarica, l’inceneritore, il riutilizzo di materia e l’impiego come co-combustibile; esclusi i primi due per l’alto impatto ambientale, interessante e funzionale è l’ultima ipotesi: rimettere nel ciclo industriale questo scarto come combustibile, permettendo risparmio e abbattimento emissioni. A Venezia, l’Enel brucia anche co-combustibile, risparmiando ogni anni 20 mila tonnellate di carbone cinese.

Ma una via ulteriore è la riduzione stessa dei rifiuti. Ne parla l’avvocato Maria Adele Prosperoni, che dopo aver elencato il fallimento e le contraddittorietà del sistema Sistri, illustra i paradossi del sistema di distribuzione alimentare su larga scala dell’occidente: «Il cittadino medio butta via circa 100 kg di cibo all’anno, la metà dei rifiuti prodotti. Questo spreco è spalmato su tutto il “viaggio” che gli alimenti fanno dal produttore fino alle nostre tavole: dai campi, all’industria, alla distribuzione fino ai nostri scarti quotidiani». In altre parole il problema dei rifiuti è anche un problema culturale la cui gestione deve essere affrontata da parte delle amministrazioni con una semplificazione delle normative, la loro proporzionalità nelle applicazioni e l’adeguatezza nei risultati oggettivi e complessivi.

La questione “Rifiuti” è tema importante e discusso nel nostro paese; l’importanza di trovare un giusto assetto è fondamentale per la società e l’ambiente in cui vogliamo vivere, oggi e domani. La complessità del problema richiede una risposta complessa e variegata: da un alto dobbiamo sapere gestire meglio la materia e il rifiuto, mentre dobbiamo imparare a produrne sempre meno, riducendo alla radice il fenomeno. I dati ci offrono un disegno abbastanza sconfortante, ma sono in aumento realtà anche non amministrative che stanno portando avanti con successo questa battaglia culturale: un esempio nostrano è “La Formica”, piccolo esercizio commerciale di via Trebisonda; in questo negozio potrete acquistare detersivi, saponi e prodotti vari a basso impatto ambientale sfusi, portandovi un flacone o una bottiglia da casa, oppure comprare oggetti di eco design, utili per un utilizzo quotidiano a bassa produzione di rifiuti. «Il miglior rifiuto, è quello che non c’è – spiega Filippo Repetto, giovane titolare del negozio – le cose possono cambiare grazie all’azione quotidiana di tutti. È una questione culturale diffusa: la cultura del riuso e del risparmio della materia». Qualche numero: in due anni di attività, la vendita di detersivi attraverso i distributori de “La Formica” ha fatto risparmiare qualcosa come 20 mila flaconi di plastica.

La buona gestione della “Rumenta” dipende da tutti noi: noi come collettività, amministrazioni ed enti pubblici, e noi come singoli, attraverso le piccole scelte di ogni giorno. Non è impossibile, basta incominciare.
Genova, 25 ottobre 2011
Ultimo aggiornamento: 25/10/2011
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