Rifugiati: più di mille
aiutati dal Comune in undici anni

Seminario nazionale sullo Sprar, Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati in Italia. Un obbligo comunitario. Strutture piccole per un intervento efficace di assistenza, tutela e integrazione

Testo Alternativo
Attualmente in Italia sono circa tremila gli stranieri seguiti dai progetti Sprar; la nostra città partecipa mettendo a disposizione 82 posti per uomini, donne, famiglie o ragazzi minorenni che sono in Italia senza i genitori, i cosiddetti minori non accompagnati. Per la legge questi ultimi sono una “categoria vulnerabile”, come i nuclei monoparentali, i rifugiati anziani, quelli che hanno disagio mentale e le vittime di tortura, e godono perciò di protezioni ulteriori rispetto ai casi ordinari che, salvo proroghe motivate per situazioni particolari, godono di sei mesi di accoglienza. I ragazzi invece sono alloggiati in strutture educative fino a sei mesi dopo il compimento della maggiore età. I minorenni sono accolti solo in altre dieci località italiane.
Domani, 14 marzo, a partire dalle ore 9.30 presso il Galata Museo del Mare, si farà il punto sul Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati con un seminario organizzato dal Comune di Genova  

Il sistema nazionale comprende 151 progetti in 19 regioni e garantisce così che l’accoglienza alle persone che sono state costrette ad abbandonare il proprio Paese a causa di discriminazioni politiche, religiose o razziali sia ampiamente diffusa sul territorio. Altri punti di forza del modello sono un lavoro per l’integrazione di ottima qualità ed effettivamente svolto e i bassi costi. Il segreto della validità di questo approccio, ripreso dalle esperienze dei Paesi del Nord Europa, è nel decentramento: l’ente locale, vicino alle organizzazioni del terzo settore, al volontariato e al tessuto produttivo, può operare efficacemente per coordinare in una valida rete territoriale tutti i soggetti che partecipano. Altri tipi di intervento, basati su grandi strutture gestite a livello centrale, sono molto più costosi e assai meno efficaci.

Il servizio genovese, come gli altri in Italia, gode di un finanziamento nazionale dell’80 per cento su un totale di un milione e mezzo di euro all’anno. La parte di spettanza dell’ente locale, 300 mila euro, è rappresentata dai costi sostenuti dal Comune per il personale di ruolo che collabora al progetto; la quota di competenza governativa serve a coprire tutte le altre spese e, in particolare, a pagare lo stipendio a trenta operatori del terzo settore, garantendo loro un lavoro fino al 2013. Se si considera la crisi attuale del comparto dei servizi sociali, si tratta di una garanzia di non poco conto. Della rete genovese fanno parte: Fondazione Auxilium e Opera Don Orione, che si occupano dell’accoglienza riservata alle categorie ordinarie; Agorà, Arci Solidarietà e Ceis, per l’accoglienza nel progetto per i minori senza genitori; i cinque soggetti già citati, la Federazione Regionale Solidarietà e Lavoro e le cooperative La Salle e Saba per attività di supporto verso l’integrazione. Il coordinamento è affidato all’Ucst, Ufficio Cittadini Senza Territorio, dei servizi sociali del Comune.

Nell’arco di undici anni Genova ha accolto più di mille rifugiati, in parte dirottati verso i servizi di altri territori, soprattutto nel periodo (2007 – 2009) di maggiore affluenza; tra questi, più di 750 sono stati accolti nel progetto genovese e hanno seguito il percorso verso l’integrazione. Non sono numeri molto elevati, ma si può comunque osservare che, se in una città di medie dimensioni non c’è stato allarme sociale, evidentemente il sistema ha funzionato.

I risultati sono talvolta eccellenti: nel 2008 un giovane etiope seguito dal progetto genovese, iscritto a un corso di saldatura del Villaggio del Ragazzo di Cogorno,  è stato eletto miglior allievo di corsi professionali in Italia. Il ragazzo adesso lavora in regola come serramentista.

La storia dello Sprar a Genova inizia nel 2001, quando prende l’avvio la sperimentazione del Programma Nazionale Asilo, a cui il Comune aderisce da subito, accogliendo in agosto la prima famiglia Kosovara.
Nel 2003 il Pna diventa Sprar ed esce dalla sperimentazione per effetto della legge Bossi-Fini, che recepisce un obbligo comunitario.
All’epoca da noi ci sono 43 posti, che cresceranno fino alla punta di 92 nel 2009: un sovradimensionamento richiesto del governo a causa di un picco delle richieste di asilo. Dal 2008, con 82 posti (a parte il 2009), Genova si mantiene ai primi posti in Italia per capienza del progetto. La normativa prevede infatti un massimo di cento posti per città tra 500.000 e un milione di abitanti; solo Roma supera il centinaio di ospiti.


13 marzo 2012
Ultimo aggiornamento: 13/03/2012
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