Considerata l’opera più drammatica di Puccini, è un melodramma in tre atti sul libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa dall’omonimo dramma di Victorien Sardou.
Fu rappresentata per la prima volta a Roma, al Teatro Costanzi, il 14 gennaio 1900. Carlos Alvarez è il barone Scarpia, capo della polizia, personaggio malvagio, sadico e crudele.
In questa interpretazione l’accento viene posto sulla sua meditata perfidia che sfrutta, inizialmente, la gelosia di Tosca, come Jago con Otello, e successivamente, l’amore della stessa, per raggiungere i suoi scopi.
Svetla Vassileva è Flora Tosca, cantante, donna gelosa, innamorata e preda della passione. Commuove il pubblco, nel II atto, con l’aria “Vissi d’arte” al termine della quale si leva un fragoroso applauso accompagnato dal grido:”Brava!”.
Rudy Park è Mario Cavaradossi, pittore, amante di Tosca, disposto a morire per un’ideale. Anche per lui, come per Svetla Vassileva, nel III atto, al termine dell’emozionante “E lucean le stelle” scroscia un grandissimo applauso e si levano grida di approvazione.
Dopo l’inchino del tenore l’opera riprende. Davide Livermore cura la regia, le scene e le luci creando, per questa rappresentazione, nuove vesti al melodramma.
La scenografia è costituita da una piattaforma triangolare inclinata che ruota e fornisce allo spettatore differenti punti di vista. Questa mobilità si accompagna ai numerosi colpi di scena dell’opera contribuendo a mantenere il pubblico in costante tensione. Per ricreare gli ambienti e le atmosfere, sullo sfondo vengono trasmesse, in sequenza, diverse proiezioni: L’affresco interno di una cupola vista dal basso, Cristo crocifisso, ali di angeli, due volti confusi, straziati dal dolore e della paura su sfondo rosso e ritratti paesaggistici di Roma. Interessante la scelta del regista, vista l’impronta cinematografica di questa rappresentazione, di non far gettare Tosca da Castel Sant’Angelo ma rappresentando la morte della protagonista con la stessa che rimira una sua controfigura schiantata al suolo.
Il risultato è leggermente criptico e la risposta del pubblico ritarda di qualche istante. Nel III atto viene aggiunta alla scenografia la statua del Castello, la quale, un momento prima della morte di Tosca si tende verso di lei, lasciando il pubblico stupefatto dal momento che non immaginava si trattasse di un mimo. Bellissimi i costumi di Gianluca Falaschi fedeli al dramma.
Molto applaudito il Direttore d’Orchestra Stefano Ranzani e degni di nota anche il Coro ed il Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice.
Veramente apprezzato tutto il cast: Angelotti: Giovanni Battista Parodi Sagrestano: Claudio Ottino Spoletta: Enrico Salsi Sciarrone: Davide Mura Un carceriere: Cristian Saitta Un pastorello: Filippo Bogdanovic.
I nove minuti finali di applausi e l’entusiasmo del pubblico sanciscono il meritato successo di questa rappresentazione che apre grandiosamente il nuovo anno del Teatro Carlo Felice.
Fu rappresentata per la prima volta a Roma, al Teatro Costanzi, il 14 gennaio 1900. Carlos Alvarez è il barone Scarpia, capo della polizia, personaggio malvagio, sadico e crudele.
In questa interpretazione l’accento viene posto sulla sua meditata perfidia che sfrutta, inizialmente, la gelosia di Tosca, come Jago con Otello, e successivamente, l’amore della stessa, per raggiungere i suoi scopi.
Svetla Vassileva è Flora Tosca, cantante, donna gelosa, innamorata e preda della passione. Commuove il pubblco, nel II atto, con l’aria “Vissi d’arte” al termine della quale si leva un fragoroso applauso accompagnato dal grido:”Brava!”.
Rudy Park è Mario Cavaradossi, pittore, amante di Tosca, disposto a morire per un’ideale. Anche per lui, come per Svetla Vassileva, nel III atto, al termine dell’emozionante “E lucean le stelle” scroscia un grandissimo applauso e si levano grida di approvazione.
Dopo l’inchino del tenore l’opera riprende. Davide Livermore cura la regia, le scene e le luci creando, per questa rappresentazione, nuove vesti al melodramma.
La scenografia è costituita da una piattaforma triangolare inclinata che ruota e fornisce allo spettatore differenti punti di vista. Questa mobilità si accompagna ai numerosi colpi di scena dell’opera contribuendo a mantenere il pubblico in costante tensione. Per ricreare gli ambienti e le atmosfere, sullo sfondo vengono trasmesse, in sequenza, diverse proiezioni: L’affresco interno di una cupola vista dal basso, Cristo crocifisso, ali di angeli, due volti confusi, straziati dal dolore e della paura su sfondo rosso e ritratti paesaggistici di Roma. Interessante la scelta del regista, vista l’impronta cinematografica di questa rappresentazione, di non far gettare Tosca da Castel Sant’Angelo ma rappresentando la morte della protagonista con la stessa che rimira una sua controfigura schiantata al suolo.
Il risultato è leggermente criptico e la risposta del pubblico ritarda di qualche istante. Nel III atto viene aggiunta alla scenografia la statua del Castello, la quale, un momento prima della morte di Tosca si tende verso di lei, lasciando il pubblico stupefatto dal momento che non immaginava si trattasse di un mimo. Bellissimi i costumi di Gianluca Falaschi fedeli al dramma.
Molto applaudito il Direttore d’Orchestra Stefano Ranzani e degni di nota anche il Coro ed il Coro di Voci Bianche del Teatro Carlo Felice.
Veramente apprezzato tutto il cast: Angelotti: Giovanni Battista Parodi Sagrestano: Claudio Ottino Spoletta: Enrico Salsi Sciarrone: Davide Mura Un carceriere: Cristian Saitta Un pastorello: Filippo Bogdanovic.
I nove minuti finali di applausi e l’entusiasmo del pubblico sanciscono il meritato successo di questa rappresentazione che apre grandiosamente il nuovo anno del Teatro Carlo Felice.