La favola di Latona, il ritorno a casa di un capolavoro

Dal 23 marzo all’8 maggio sarà possibile ammirare il capolavoro di Orazio De Ferrari a Palazzo Bianco, nella sala dedicata all’artista. Si riannoda un dialogo fra sacro e profano che si era interrotto quasi trecento anni fa. Assessore Carla Sibilla «Un grande ritorno, che arricchisce l’offerta di cultura che la città  offre ai genovesi e ai tanti turisti previsti per le prossime festività pasquali, per l’appuntamento con i Rolli days di aprile e i ponti primaverili»

«Mai come oggi il rapporto di collaborazione e vicinanza fra Italia e Spagna sembra ancora più stretto. L’arte, la cultura, sono senz’altro arrivati prima degli scambi commerciali e il ritorno a Genova di questo prezioso dipinto dimostra la vivacità degli scambi culturali tra Italia e Spagna già nel Seicento».

Così l’assessore alla cultura Carla Sibilla, facendo gli onori di casa per il ritorno a Genova del quadro di Orazio De Ferrari,“La favola di Latona”, ricorda le sette studentesse Erasmus morte a Tarragona e ci tiene a ricordare e a sottolineare come la cultura, da sempre, sia stata uno straordinario veicolo per unire i popoli.

Il capolavoro di Orazio De Ferrari sarà ospitato a Palazzo Bianco fino all’8 maggio, nella sala dove sono già esposti quadri dell’artista, noto più per le sue tele a carattere sacro: un dialogo con il lato profano della sua produzione, che si riannoda circa trecento anni dopo.

«Il percorso museale, già ricco e importante, si arricchisce ancora di più con questo capolavoro - osserva l’assessore – in tempo per essere ammirato dai genovesi e da tanti turisti, attesi per le prossime festività di Pasqua, per l’appuntamento con i rolli days di aprile e nei ponti primaverili».

«Già con l’opera del Magnasco e ora con questo importante quadro, il sistema dei musei cittadini si conferma vivo e vitale – afferma Sibilla - grazie al lavoro delle persone che vi lavorano, sempre aperte e disponibili a nuove suggestioni».

Il dipinto La favola di Latona  è stato a lungo dato per disperso e, prima di pervenire a Giorgio Baratti, - l’antiquario di Milano che ne è l’attuale proprietario e che sostiene l’intera iniziativa affidandola alla curatela di Anna Orlando -  era stato acquistato nel 2005 presso i discendenti di Rodrigo Díaz de Vivar y Mendoza VII Duca dell’Infantado dagli antiquari madrileni Jorge Coll e Nicolás Cortés.

Questi lo hanno pubblicato sul loro catalogo della mostra in galleria di quell’anno, affidandone la scheda alla storica dell’arte genovese Elena De Laurentiis.

E’ una tela di grande impatto scenografico, oltre che dimensionale, ricordata nel componimento poetico I Raguagli di Cirpo del ligure Luca Assarino, stampato nel 1642.

Vi è raffigurata una favola tratta dalle Metamorfosi di Ovidio: la dea Latona, ultima delle amanti di Zeus, trasforma i contadini di Licia in rane, colpevoli di aver  sporcato le acque di un torrente dove i figli della dea - Artemide e Apollo – volevano dissetarsi.

L’esposizione a Palazzo Bianco è l’atto finale di un importante lavoro di approfondimento critico sul capolavoro, raccontato nel volume, edito sia in italiano sia in inglese, La favola di Latona di Orazio De Ferrari. Il ritorno di un capolavoro.  Con aggiunte al catalogo del pittore a cura di Anna Orlando.

Nell’opera, attraverso lo studio di circa 50 dipinti di Orazio De Ferrari - in gran parte inediti e riapparsi dopo la pubblicazione della monografia di Piero Donati nel 1997 – i  saggi  di  Raffaella Besta, Piero Boccardo, Agnese Marengo, Simona Morando, Franco Vazzoler e Anna Orlando,  presentano  una risistemazione e un aggiornamento del corpus pittorico dell’artista, protagonista della stagione del naturalismo del primo Seicento genovese.

Bellezza che è giusto condividere: dall’assessore Sibilla, dalla curatrice Anna Orlando e dal direttore dei Musei di Strada Nuova, Piero Boccardo, il ringraziamento all’antiquario Giorgio Baratti che, con generosità e altruismo, ha permesso questa esposizione.

Cenni biografici

Orazio De Ferrari nasce nel 1606 a Voltri, sobborgo dell’immediato ponente genovese, in una famiglia di umili origini. Il nonno esercitava il mestiere di fabbro (ferrè), da cui probabilmente il suo cognome, da non confondersi con quello della nobile casata.
Documentato come pittore nel 1627, è allievo di Andrea Ansaldo, anch’ egli voltrese, di cui Orazio sposerà la nipote nel 1631.

Dopo la nascita della primogenita nel 1633, si trasferisce a Genova nel 1634 e battezza in S. Giorgio il figlio Andrea che diventerà suo allievo e collaboratore. È possibile che Orazio abbia soggiornato a Napoli e conosciuto da vicino l’ opera del Ribera, ma non vi sono documenti e ciò si ipotizza solo per ragioni stilistiche.

Dal 1639 è nuovamente documentato a Genova nella parrocchia di S. Lorenzo, dove sono battezzati gli altri figli.

Molte le opere pubbliche datate o documentate del quarto e quinto decennio del secolo, soprattutto pale d’altare, non solo per le chiese della nativa Voltri, ma anche in cittadine dell’entroterra , del Ponente ligure della Liguria di levante o di Genova e dei suoi sobborghi.

Attivo soprattutto per ordini religiosi e confraternite, dipinge più raramente soggetti profani come il Ratto delle Sabine datato 1640 in collezione privata e La favola di Latona celebrata nel 1642 dal poeta Luca Assarino.

Il quinto decennio del secolo è quello in cui si registra il maggior numero di opere datate e firmate, per importanti committenze religiose soprattutto a Genova: l’ oratorio di S. Giacomo della Marina; la chiesa degli Eremitani e la basilica di S. Siro, per esempio.

Intorno al 1650 Orazio entra in contatto con il Principe di Monaco Onorato II Grimaldi, per il quale è artista e intermediario.

Nel 1652 è nominato dal principe cavaliere dell’ordine di S. Michele, titolo che accompagna la sua firma nel 1653 sul Presepe dell’Albergo dei Poveri e ancora nel 1654 sul Transito di San Giuseppe di Sestri Levante.

Il 18 ottobre 1654 è a Monaco come padrino del figlio di uno degli interpreti del balletto Le vittorie di Minerva, rappresentato nel 1655 per iniziativa di Aurelia Spinola, con scene di Orazio che disegna anche una incisione per il resoconto.

La terribile peste che a Genova decima la popolazione graverà anche sul pittore e su tutta la sua famiglia, morta in quel terribile 1657.
22 marzo 2016
Ultimo aggiornamento: 23/03/2016
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