Una grande piazza, colorata, gremita e attenta. Questa è la Genova che dice basta alle mafie e all’illegalità, una Genova che oggi, capitale della lotta e dell’impegno, ha aperto le braccia a le decine di migliaia di persone, soprattutto giovani, che da ogni parte del paese sono giunte per condividere una speranza, un’idea di società, una volontà di cambiamento.
L’abbraccio della piazza si è stretto caloroso durante la lettura dei quasi 900 nomi delle vittime della mafia, uno ad uno: il sindaco di Genova Marta Vincenzi ha avuto l’onore, in qualità di rappresentante di tutta la città, di iniziare la lettura di questo lungo elenco di persone: magistrati, forze dell’ordine, semplici cittadini che hanno pagato con il sangue il loro rifiuto di fare parte del meccanismo malavitoso.
La lista di questi veri e propri martiri della legalità è snocciolata in ordine cronologico, tra gli applausi della folla. Gli oratori che si sono succeduti, una via l’altro, hanno letto ognuno dieci nomi di vittime, davanti ai parenti giunti oggi in città, accomodati nei posto riservati sotto il palco. Questa giornata è anche per loro, per il loro dolore e per la loro speranza di aver sofferto un sacrificio non vano. Tra i lettori, oltre ai parenti delle vittime, anche sindaci, agenti delle forze dell’ordine, ragazzi, sindacalisti, rappresentanti della società civile. La commozione non è fine a se stessa: in questi nomi c’è la speranza e la determinatezza.
La piazza,dicevamo: una folla composita, con tanti giovani, scout, associazioni, studenti, provenienti da ogni parte del paese. Tantissimi anche i genovesi che hanno risposto all’appello: un’occasione unica per far sentire la voce di chi la mafia la conosce capace di espandersi e fagocitare tutto, anche lontano dai classici territori in cui storicamente è radicata. Presenti anche diverse bandiere NoTav: la storia delle cosche parla soprattutto la lingua delle grandi opere e del cemento, la lotta alla mafia passa anche dai monti.
«Impegno e responsabilità, questi devono essere i due pilastri della nostra democrazia – urla Don Ciotti dal palco, nel discorso più atteso della giornata – e il vero problema è la “zona grigia” della società: a parole siamo tutti contro la mafia, ma nei fatti non tutti lo sono veramente. In questa connivenza sta la vera forza delle mafie: con le parole tutti si impegnano, ma 150 anni di mafia dimostrano che qualcosa non funziona. Il mio appello va anche alle persone e forze meravigliose che compongono la Chiesa: ci vuole più radicalità, più intransigenza. Forza, tocca a noi tutti, insieme per il nostro domani».
Tanti applausi accompagnano queste parole: tutto intorno ragazzi che ancora una volta, felici o forse ingenui, credono in quello che sentono, con il futuro negli occhi. Adesso sta a tutti noi non deluderli, sta a chi ci rappresenta avere il coraggio di dire no, sta agli amministratori capire quale idea di progresso scegliere, per evitare anche solo potenziali fagocitazioni mafiose. La nostra terra ha già conosciuto troppo sangue, ma il domani possiamo ancora scriverlo.
L’abbraccio della piazza si è stretto caloroso durante la lettura dei quasi 900 nomi delle vittime della mafia, uno ad uno: il sindaco di Genova Marta Vincenzi ha avuto l’onore, in qualità di rappresentante di tutta la città, di iniziare la lettura di questo lungo elenco di persone: magistrati, forze dell’ordine, semplici cittadini che hanno pagato con il sangue il loro rifiuto di fare parte del meccanismo malavitoso.
La lista di questi veri e propri martiri della legalità è snocciolata in ordine cronologico, tra gli applausi della folla. Gli oratori che si sono succeduti, una via l’altro, hanno letto ognuno dieci nomi di vittime, davanti ai parenti giunti oggi in città, accomodati nei posto riservati sotto il palco. Questa giornata è anche per loro, per il loro dolore e per la loro speranza di aver sofferto un sacrificio non vano. Tra i lettori, oltre ai parenti delle vittime, anche sindaci, agenti delle forze dell’ordine, ragazzi, sindacalisti, rappresentanti della società civile. La commozione non è fine a se stessa: in questi nomi c’è la speranza e la determinatezza.
La piazza,dicevamo: una folla composita, con tanti giovani, scout, associazioni, studenti, provenienti da ogni parte del paese. Tantissimi anche i genovesi che hanno risposto all’appello: un’occasione unica per far sentire la voce di chi la mafia la conosce capace di espandersi e fagocitare tutto, anche lontano dai classici territori in cui storicamente è radicata. Presenti anche diverse bandiere NoTav: la storia delle cosche parla soprattutto la lingua delle grandi opere e del cemento, la lotta alla mafia passa anche dai monti.
«Impegno e responsabilità, questi devono essere i due pilastri della nostra democrazia – urla Don Ciotti dal palco, nel discorso più atteso della giornata – e il vero problema è la “zona grigia” della società: a parole siamo tutti contro la mafia, ma nei fatti non tutti lo sono veramente. In questa connivenza sta la vera forza delle mafie: con le parole tutti si impegnano, ma 150 anni di mafia dimostrano che qualcosa non funziona. Il mio appello va anche alle persone e forze meravigliose che compongono la Chiesa: ci vuole più radicalità, più intransigenza. Forza, tocca a noi tutti, insieme per il nostro domani».
Tanti applausi accompagnano queste parole: tutto intorno ragazzi che ancora una volta, felici o forse ingenui, credono in quello che sentono, con il futuro negli occhi. Adesso sta a tutti noi non deluderli, sta a chi ci rappresenta avere il coraggio di dire no, sta agli amministratori capire quale idea di progresso scegliere, per evitare anche solo potenziali fagocitazioni mafiose. La nostra terra ha già conosciuto troppo sangue, ma il domani possiamo ancora scriverlo.