Quattro novembre 1966, l’Arno ruppe gli argini e annegò Firenze nel fango, causando 35 morti e la rovina di libri rari e opere d' arte. Quattro novembre 2011, sei donne muoiono cercando riparo in un portone dalla furia delle acque del torrente Fereggiano nel quartiere di Marassi a Genova. Una data simbolo, dunque, che ha spinto le università dei rispettivi capoluoghi a gemellarsi per un giorno, allo scopo di studiare le strategie di mitigazione e adattamento al rischio alluvionale.
Ogni alluvione ha ogni anno conseguenze più disastrose di quelle che l’hanno preceduta, è stato detto, perché le piogge aumentano e cadono su un territorio sempre più fragile e compromesso. Per la sua messa in sicurezza, ha detto il sindaco, sono necessari investimenti ingenti, grandi somme che solo lo Stato possiede. «Questo è un punto ineludibile della questione. Gli investimenti di cui si è parlato in questi giorni, ben 11 miliardi di euro, possono essere spesi solo a fronte di scelte politiche sinora assenti. In un Paese che si accinge ad affrontare una campagna politica cruciale per il suo destino, vorrei che questo fosse una dei temi cardine del dibattito, e non il 10 o 20 per cento di premio elettorale».
Ma, oltre all’enorme fatica del reperimento delle risorse, ai sindaci che vogliono mettere in sicurezza il territorio, si frappone l’ostacolo della lentezza delle procedure. Due esempi su tutti: i lavori per il rifacimento del tratto terminale del Bisagno e la demolizione del palazzo sul greto del Chiaravagna a Sestri Ponente. «Per quanto riguarda il Bisagno – ha detto Doria - i lavori sono bloccati a causa di un ricorso al Tar di un’impresa che non si è aggiudicata l’appalto, per la demolizione del palazzo sul Chiaravagna abbiamo dovuto fare “salti mortali” per accelerare i tempi dell’abbattimento ormai prossimo di questo edificio».
A proposito dei lavori di messa in sicurezza del Bisagno, il prof. Renzo Rosso del Politecnico di Milano prende le distanze da progetti anni ’80 quali la deviazione del corso del fiume, parlando invece dell’utilità di uno “scolmatore” per il fiume genovese. “Il problema dato dai fiumi è una questione di tipo urbanistico” dice il professore “ e si ricordi che non esiste la sicurezza a proposito dell’esondazione di un fiume, ma se mai esiste la mitigazione delle sue possibili conseguenze: questo è quello che dobbiamo perseguire”.
Mitigazione e adattamento rispetto al fenomeno delle alluvioni, conclude Doria, non possono bastare se non nascerà nel Paese una coscienza nazionale per la messa in sicurezza del territorio.
Ogni alluvione ha ogni anno conseguenze più disastrose di quelle che l’hanno preceduta, è stato detto, perché le piogge aumentano e cadono su un territorio sempre più fragile e compromesso. Per la sua messa in sicurezza, ha detto il sindaco, sono necessari investimenti ingenti, grandi somme che solo lo Stato possiede. «Questo è un punto ineludibile della questione. Gli investimenti di cui si è parlato in questi giorni, ben 11 miliardi di euro, possono essere spesi solo a fronte di scelte politiche sinora assenti. In un Paese che si accinge ad affrontare una campagna politica cruciale per il suo destino, vorrei che questo fosse una dei temi cardine del dibattito, e non il 10 o 20 per cento di premio elettorale».
Ma, oltre all’enorme fatica del reperimento delle risorse, ai sindaci che vogliono mettere in sicurezza il territorio, si frappone l’ostacolo della lentezza delle procedure. Due esempi su tutti: i lavori per il rifacimento del tratto terminale del Bisagno e la demolizione del palazzo sul greto del Chiaravagna a Sestri Ponente. «Per quanto riguarda il Bisagno – ha detto Doria - i lavori sono bloccati a causa di un ricorso al Tar di un’impresa che non si è aggiudicata l’appalto, per la demolizione del palazzo sul Chiaravagna abbiamo dovuto fare “salti mortali” per accelerare i tempi dell’abbattimento ormai prossimo di questo edificio».
A proposito dei lavori di messa in sicurezza del Bisagno, il prof. Renzo Rosso del Politecnico di Milano prende le distanze da progetti anni ’80 quali la deviazione del corso del fiume, parlando invece dell’utilità di uno “scolmatore” per il fiume genovese. “Il problema dato dai fiumi è una questione di tipo urbanistico” dice il professore “ e si ricordi che non esiste la sicurezza a proposito dell’esondazione di un fiume, ma se mai esiste la mitigazione delle sue possibili conseguenze: questo è quello che dobbiamo perseguire”.
Mitigazione e adattamento rispetto al fenomeno delle alluvioni, conclude Doria, non possono bastare se non nascerà nel Paese una coscienza nazionale per la messa in sicurezza del territorio.