«In Liguria un allarme va lanciato: il fatto stesso che la criminalità organizzata in questa regione si è manifestata intorno al 2002 e ci sono voluti otto anni perché si arrivasse a consistenti individuazioni di responsabilità penali, significa che c'è stata una certa difficoltà nel percepire il fenomeno o nel leggere i sintomi di una malattia che è stata scambiata come normale attività di criminalità comune. Quest'ambiente era impreparato. Anche se oggi si può dire che l'azione della magistratura e delle forze dell'ordine sia stata pronta ed efficace, e che c'è una forte consapevolezza dei rischi che si corrono». Il Presidente della Commissione Parlamentare antimafia, senatore ed ex ministro Beppe Pisanu, si presenta puntuale all'appuntamento con i giornalisti per fare il punto della due giorni genovese, nonostante le audizioni non siano ancora terminate. Nel primo pomeriggio, nel salone al secondo piano della Prefettura in cui si sono insediati deputati e senatori componenti della Commissione che da ieri ha sentito il Prefetto Musolino, i componenti del Comitato per la Sicurezza, le forze dell'Ordine, i magistrati liguri, il responsabile della DDA, devono ancora sfilare i rappresentanti delle categorie economiche (Unioncamere, Confcommercio, Confinfustria, Confesercenti Liguria).
E Pisanu da un lato spara bordate («La società ligure deve stare attenta: le mafie in questi anni hanno intessuto rapporti stretti con la società, la politica, il mondo dell'impresa, e c'è una zona grigia che forse non ha colto la cifra criminale di persone che si avvicinano come attendibili e così facilitano loro l'ingresso nel tessuto sano dell'economia»), dall'altro cerca di incoraggiare («La società ligure ha certamente antica cultura e senso dello stato per respingere il fenomeno mafioso»).
Ma rimangono scogli neri come lo scioglimento del consiglio comunale per mafia di Bordighera, il Comune di Ventimiglia sotto osservazione, il pentolone scoperchiato dall'operazione Crimine che ha levato la benda dagli occhi di chi non aveva capito o non aveva voluto capire, il pericolo che i cantieri delle grandi opere si trasformino in una manna per la ndrangheta, strutturata nella regione in tre locali e una camera di compensazione che garantisce il controllo della casa madre reggina anche nel ponente e nel Basso Piemonte. Senza contare il rischio di penetrazione nel settore turistico (come in qualunque altro comparto economico che può produrre ricchezza); i collaudati “giochini” economici o finanziari che portano le imprese sull'orlo del fallimento per poi farle “salvare” con quattro spiccioli dall'organizzazione che aumenta così la sua potenza sbaragliando nello stesso tempo i concorrenti («un vero “eldorado” in questi momenti di crisi - ha detto Pisanu - e meno male che sono rientrate le ipotesi di tagliare le risorse per le forze dell'ordine, che è auspicabile vengano invece aumentate»); la difficoltà nel provare il voto di scambio che quando c'è una collusione tra mafiosi e politici si può dire che quasi sempre si verifica quasi automaticamente; l'ormai provata presenza della piovra in tutta la regione – non solo Genova e ponente, ma anche Lavagna, Sarzana, Savona... – con una prevalenza della 'ndrangheta sulle altre due organizzazioni criminali che denota non solo potenza e salto di qualità dei calabresi ma anche una capacità organizzativa che riconduce sempre alla casa madre senza possibilità di ribellioni, come la storia delle più importanti indagini insegna.
Il business? Non c'è solo l'edilizia (le cave, il movimento terra, i subappalti, la possibilità di prendere i lavori grazie al possesso delle macchine adatte a fare i lavori, ecc.), ma il riciclaggio, la ristorazione (tempo fa la camorra proprio a Genova aveva comprato una pizzeria in centro per farne una lavanderia di denaro sporco), il gioco lecito e illecito, l'usura...
Nell'edilizia le società sono pulite, pulitissime, a prova di certificato antimafia (che molti dicono debba essere “riformato”): e invece sono già colluse oppure vengono inquinate dopo: la 'ndrangheta sa aspettare il momento giusto per intervenire.
«Il prefetto Musolino – spiega Pisanu – ha messo a punto un metodo fortemente innovativo per controllare le ditte impegnate negli appalti, che potrebbe diventare un modello da applicare in molte altre regione italiane: consente infatti di verificare che cosa accade realmente nei cantieri, non fermandosi a conoscere chi ha vinto la gara e realizza le opere, ma controllando se poi qualcun altro ha avuto un subappalto, se un fornitore usa macchine per il movimento terra e di chi sono, chi gestisce i trasporti, chi è il personale che manovra queste macchine, e così via. Questo modello è efficace perché esercita un controllo continuo, e utilizzando le varie banche date permette di verificare e incrociare notizie e vedere se emergono posizioni sospette».
Un modo di procedere che, unito alla stazione unica appaltante – sostiene il presidente della Commissione parlamentare antimafia – può costituire un argine efficace alle organizzazioni criminali del settore edilizio.
Ma questo non basta. «Un elemento emerso durante le audizioni è che molto spesso le minacce, le sopraffazioni, le azioni criminose anche in Liguria vengono subite in silenzio, non vengono denunciate alla magistratura e alle forze dell'ordine: di questo penso ci si debba preoccupare seriamente. Non bisogna avere alcun timore di rivolgersi alla giustizia! Molti hanno subito incendi, ricatti, estorsioni e l'hanno negato. Questo ha favorito la penetrazione la penetrazione lenta e diffusa soprattutto della 'ndrangheta - che ha seguito storicamente, dal secondo dopoguerra ad oggi i flussi degli emigranti calabresi onesti verso il Nord Italia, attraverso personaggi mandati in domicilio coatto – in tutta la Liguria. Debellare le mafie non è impossibile, ma non sarà facile né rapido: dipenderà dalla risposta che la società ligure saprà dare a fianco alla magistratura e alle forze di polizia».
Pisanu ha ribadito che al contrario di quanto avvenuto nelle regioni di origine, qui «la 'ndrangheta ha ridotto al minimo le attività militari o le forme di intimidazione violenta che più attirano l'attenzione, preferendo la penetrazione silenziosa e l'uso di forme di pressione più sofisticate, meno clamorose di lupara e kalashinkov, come mazzette o l'offerta di partecipazione a facili e regolari scalate di società».
E Pisanu da un lato spara bordate («La società ligure deve stare attenta: le mafie in questi anni hanno intessuto rapporti stretti con la società, la politica, il mondo dell'impresa, e c'è una zona grigia che forse non ha colto la cifra criminale di persone che si avvicinano come attendibili e così facilitano loro l'ingresso nel tessuto sano dell'economia»), dall'altro cerca di incoraggiare («La società ligure ha certamente antica cultura e senso dello stato per respingere il fenomeno mafioso»).
Ma rimangono scogli neri come lo scioglimento del consiglio comunale per mafia di Bordighera, il Comune di Ventimiglia sotto osservazione, il pentolone scoperchiato dall'operazione Crimine che ha levato la benda dagli occhi di chi non aveva capito o non aveva voluto capire, il pericolo che i cantieri delle grandi opere si trasformino in una manna per la ndrangheta, strutturata nella regione in tre locali e una camera di compensazione che garantisce il controllo della casa madre reggina anche nel ponente e nel Basso Piemonte. Senza contare il rischio di penetrazione nel settore turistico (come in qualunque altro comparto economico che può produrre ricchezza); i collaudati “giochini” economici o finanziari che portano le imprese sull'orlo del fallimento per poi farle “salvare” con quattro spiccioli dall'organizzazione che aumenta così la sua potenza sbaragliando nello stesso tempo i concorrenti («un vero “eldorado” in questi momenti di crisi - ha detto Pisanu - e meno male che sono rientrate le ipotesi di tagliare le risorse per le forze dell'ordine, che è auspicabile vengano invece aumentate»); la difficoltà nel provare il voto di scambio che quando c'è una collusione tra mafiosi e politici si può dire che quasi sempre si verifica quasi automaticamente; l'ormai provata presenza della piovra in tutta la regione – non solo Genova e ponente, ma anche Lavagna, Sarzana, Savona... – con una prevalenza della 'ndrangheta sulle altre due organizzazioni criminali che denota non solo potenza e salto di qualità dei calabresi ma anche una capacità organizzativa che riconduce sempre alla casa madre senza possibilità di ribellioni, come la storia delle più importanti indagini insegna.
Il business? Non c'è solo l'edilizia (le cave, il movimento terra, i subappalti, la possibilità di prendere i lavori grazie al possesso delle macchine adatte a fare i lavori, ecc.), ma il riciclaggio, la ristorazione (tempo fa la camorra proprio a Genova aveva comprato una pizzeria in centro per farne una lavanderia di denaro sporco), il gioco lecito e illecito, l'usura...
Nell'edilizia le società sono pulite, pulitissime, a prova di certificato antimafia (che molti dicono debba essere “riformato”): e invece sono già colluse oppure vengono inquinate dopo: la 'ndrangheta sa aspettare il momento giusto per intervenire.
«Il prefetto Musolino – spiega Pisanu – ha messo a punto un metodo fortemente innovativo per controllare le ditte impegnate negli appalti, che potrebbe diventare un modello da applicare in molte altre regione italiane: consente infatti di verificare che cosa accade realmente nei cantieri, non fermandosi a conoscere chi ha vinto la gara e realizza le opere, ma controllando se poi qualcun altro ha avuto un subappalto, se un fornitore usa macchine per il movimento terra e di chi sono, chi gestisce i trasporti, chi è il personale che manovra queste macchine, e così via. Questo modello è efficace perché esercita un controllo continuo, e utilizzando le varie banche date permette di verificare e incrociare notizie e vedere se emergono posizioni sospette».
Un modo di procedere che, unito alla stazione unica appaltante – sostiene il presidente della Commissione parlamentare antimafia – può costituire un argine efficace alle organizzazioni criminali del settore edilizio.
Ma questo non basta. «Un elemento emerso durante le audizioni è che molto spesso le minacce, le sopraffazioni, le azioni criminose anche in Liguria vengono subite in silenzio, non vengono denunciate alla magistratura e alle forze dell'ordine: di questo penso ci si debba preoccupare seriamente. Non bisogna avere alcun timore di rivolgersi alla giustizia! Molti hanno subito incendi, ricatti, estorsioni e l'hanno negato. Questo ha favorito la penetrazione la penetrazione lenta e diffusa soprattutto della 'ndrangheta - che ha seguito storicamente, dal secondo dopoguerra ad oggi i flussi degli emigranti calabresi onesti verso il Nord Italia, attraverso personaggi mandati in domicilio coatto – in tutta la Liguria. Debellare le mafie non è impossibile, ma non sarà facile né rapido: dipenderà dalla risposta che la società ligure saprà dare a fianco alla magistratura e alle forze di polizia».
Pisanu ha ribadito che al contrario di quanto avvenuto nelle regioni di origine, qui «la 'ndrangheta ha ridotto al minimo le attività militari o le forme di intimidazione violenta che più attirano l'attenzione, preferendo la penetrazione silenziosa e l'uso di forme di pressione più sofisticate, meno clamorose di lupara e kalashinkov, come mazzette o l'offerta di partecipazione a facili e regolari scalate di società».