Oddone: contro il gioco d’azzardo
il Comune mantiene l’impegno 

Seduta congiunta delle Commissioni VI e VII a Tursi. L’assessore ribadisce il giudizio assolutamente negativo sul fenomeno. La difficile condizione degli enti locali. Lo psichiatra Schiappacasse: il problema è più grave di quello dell’Ilva

Testo Alternativo
«Siamo di fronte a una piaga sociale, a una vera e propria patologia – esordisce Francesco Oddone, assessore allo Sviluppo Economico – aggravata dal grande pericolo del gioco online, che allo stato attuale non è possibile tentare di arginare».
È in corso l’audizione dell’assessore da parte delle commissioni “Sviluppo economico”, presieduta da Gianpaolo Malatesta, e “Welfare”, condotta da Cristina Lodi. All’ordine del giorno l’attività della “Consulta permanente  sul gioco con premi in denaro”. È noto l’impegno del Comune, almeno a partire dall’amministrazione Vincenzi, per limitare la diffusione del gioco d’azzardo nella nostra città.

È una partita, questa, che i comuni in teoria non potrebbero giocare. La competenza per il rilascio delle licenze infatti, la legge parla chiaro, è della Questura. E questo governo non sembra voler cambiare rotta sul gioco d’azzardo rispetto al precedente, lamenta Oddone, se la ministra dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha sentito il bisogno di pronunciarsi per «una netta distinzione tra la gestione dell’ordine pubblico e della sicurezza e le competenze dei comuni». Ma si può capire l’atteggiamento del governo se si pensa alle grandi quantità di denaro in gioco.

Ci prova lo stesso, Palazzo Tursi, con il sostegno di una legge regionale, la 17 del 2012, che però è troppo generica e di difficile interpretazione. Prescrive la lontananza delle sale da gioco da scuole o da altri luoghi frequentati da soggetti deboli, più esposti alla seduzione dell’azzardo.
Il Comune l’ha applicata in alcuni casi, ma ci sono già ricorsi.
Anche i regolamenti ad hoc pensati dall’amministrazione comunale, come quello che prescrive che le sale, in certi quartieri, debbano essere dotate di posteggio, o la disposizione di controlli da parte dei vigili sull’eventuale presenza di minorenni dove si gioca d’azzardo, sono di dubbia efficacia, come l’idea di limitare gli orari, difficilmente percorribile dopo il decreto sulle liberalizzazioni.

Anche i municipi stanno affrontando la questione. Oddone ne cita in particolare due che, a suo parere, possono costituire un esempio: il Medio Levante premia gli esercizi che non hanno all’interno impianti per il gioco d’azzardo con un adesivo da apporre sulla vetrina, in modo che il consumatore possa decidere di servirsi presso un negozio che non sfrutta questa patologia piuttosto che presso un altro; il Centro Est invece ha inserito nel regolamento, come clausola ostativa per la locazione di locali di proprietà del Comune, la presenza di slot machine.

La Questura, grazie all’azione della Consulta, ha accettato di coinvolgere gli altri soggetti interessati già all’inizio dell’istruttoria della pratica per l’apertura di una nuova sala e non alla fine, come accadeva prima.
Ma le sale da gioco sono in aumento; Oddone presenta qualche dato: sono diventate 59 a Genova, di cui 16 nel solo territorio del Commissariato Sampierdarena – Cornigliano; altre 15 sono a San Fruttuoso, mentre a Nervi solo una è in attività.
Nelle sale del territorio comunale sono attive circa 600 postazioni di gioco, mentre il dato provinciale è intorno a 800. A ciò bisogna aggiungere la grande diffusione di macchinette mangiasoldi in esercizi commerciali come bar, latterie, tabaccherie, edicole… La stima, in questo caso, è di 5 o 6 migliaia in città.

Negli interventi vari commissari sottolineano il dato della diffusione delle sale a Sampierdarena, a Cornigliano, a San Fruttuoso e a Nervi. La strategia del governo appare sempre la stessa: prendere a chi ha meno, perché sono i più poveri a giocare, se dove c’è il maggiore disagio socioeconomico c’è la maggior presenza di gioco d'azzardo legalizzato. Il consigliere Paolo Veardo, però, ricorda che il coinvolgimento dello Stato è complesso, se è vero che «I soldi dello Stato biscazziere tornano, almeno in piccola parte, ai comuni».

Abbiamo interpellato il primario psichiatra della Asl 3 Genovese Giorgio Schiappacasse per avere qualche dato sulla diffusione della patologia del gioco d’azzardo.
Ci riferisce che 800 mila italiani, forse un milione, hanno problemi con l’azzardo, che «non è gioco, come ben sapevano i nostri genitori e i nostri nonni. Loro non hanno ricostruito l’Italia con i proventi dei casinò, ma li hanno messi al confine, per limitare il danno delle sale da gioco che si trovavano all’estero». Sono 2 o forse 3 milioni i soggetti a rischio.
«È un problema più grave di quello dell’Ilva. Queste sostanze tossiche sono nella società , che sembra non accorgersene anche se la diffusione è grandissima».
Il giro d’affari del gioco d’azzardo è stimato in circa 85 miliardi di euro all’anno. «È come se ogni italiano spendesse nel gioco 1400 euro. Solo l’11 per cento di questa cifra va allo Stato, che ci guadagnerebbe circa il doppio se quei soldi fossero normalmente spesi per comprare comuni merci soggette a Iva».

Tutti i Sert genovesi hanno servizi che si occupano di questa dipendenza. Schiappacasse stima che negli ultimi 5 anni i Servizi per le tossicodipendenze abbiano fatto almeno 200 consulenze su questa patologia.
C'è, per chi non volesse passare dal Sert, l’opportunità di rivolgersi direttamente all’Associazione Giocatori Anonimi, che, secondo le modalità dei più famosi “Alcolisti Anonimi” e “Narcotici Anonimi”, ha attualmente due gruppi di auto mutuo aiuto a Genova, uno in centro e l’altro a Sampierdarena.

http://www.giocatorianonimi.org/liguria.htm








Genova, 17 ottobre 2012
Ultimo aggiornamento: 18/10/2012
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