Fa tappa al Museo d’arte orientale “Chiossone” di Genova, dopo il successo ricevuto nella sede dell'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, la mostra Haiku dell’artista torinese contemporaneo Roberto Demarchi, curata dal direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci.
A inaugurare l'esposizione, giovedì 10 marzo alle 17.30, saranno Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani e curatore della mostra, insieme all’assessore alla cultura e al turismo del Comune di Genova Carla Sibilla.
La mostra rimarrà aperta fino al 10 luglio.
Facendo uso di un linguaggio pittorico astratto, i diciassette dipinti su tavola, tutti mon-tati su pannelli trattati a lacca lucida nera e di uguali dimensioni (70 x 50 cm.), interpre-tano altrettanti haiku 俳句, poesie di diciassette sillabe composte da autori giapponesi dei secoli XVII-XIX, tra i quali occorre menzionare Itō Shintoku, Matsuo Bashō, Hattori Ransetsu, Mukai Kyorai. Un piccolo pannello contenente il testo poetico originale in giapponese e in traduzione italiana, posto accanto a ogni dipinto, ne rivela l’affascinante messaggio.
Nelle parole di Antonio Paolucci l’haiku «è un modulo chiuso nella sua autosufficiente perfezione che non ammette ridondanze o sottintesi», una forma lirica caratterizzata da una cifra metrica precisa, consistente di 3 versi di 5-7-5 sillabe, 17 in totale.
L’ermetico messaggio degli haiku si fonda sui temi della natura e delle stagioni: un notturno, foglie adagiate sui sassi, scenari marini e rurali, iris e candide peonie.
«La sola traduzione pittorica possibile – afferma Roberto Demarchi – è quella che si affida al processo analogico. Analogia, in arte, vuol dire significare la sostanza di una sensazione o di un messaggio con mezzi espressivi diversi, ma spiritualmente e stilisticamente simili, anzi analoghi».
«Accettando di misurarsi con la dura, affilata disciplina dell’haiku - scrive Antonio Paolucci, che oltre alla mostra ha curato anche il catalogo – Roberto Demarchi ha accettato di testare la sua arte speculativa e contemplativa nella prova più difficile».
A inaugurare l'esposizione, giovedì 10 marzo alle 17.30, saranno Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani e curatore della mostra, insieme all’assessore alla cultura e al turismo del Comune di Genova Carla Sibilla.
La mostra rimarrà aperta fino al 10 luglio.
Facendo uso di un linguaggio pittorico astratto, i diciassette dipinti su tavola, tutti mon-tati su pannelli trattati a lacca lucida nera e di uguali dimensioni (70 x 50 cm.), interpre-tano altrettanti haiku 俳句, poesie di diciassette sillabe composte da autori giapponesi dei secoli XVII-XIX, tra i quali occorre menzionare Itō Shintoku, Matsuo Bashō, Hattori Ransetsu, Mukai Kyorai. Un piccolo pannello contenente il testo poetico originale in giapponese e in traduzione italiana, posto accanto a ogni dipinto, ne rivela l’affascinante messaggio.
Nelle parole di Antonio Paolucci l’haiku «è un modulo chiuso nella sua autosufficiente perfezione che non ammette ridondanze o sottintesi», una forma lirica caratterizzata da una cifra metrica precisa, consistente di 3 versi di 5-7-5 sillabe, 17 in totale.
L’ermetico messaggio degli haiku si fonda sui temi della natura e delle stagioni: un notturno, foglie adagiate sui sassi, scenari marini e rurali, iris e candide peonie.
«La sola traduzione pittorica possibile – afferma Roberto Demarchi – è quella che si affida al processo analogico. Analogia, in arte, vuol dire significare la sostanza di una sensazione o di un messaggio con mezzi espressivi diversi, ma spiritualmente e stilisticamente simili, anzi analoghi».
«Accettando di misurarsi con la dura, affilata disciplina dell’haiku - scrive Antonio Paolucci, che oltre alla mostra ha curato anche il catalogo – Roberto Demarchi ha accettato di testare la sua arte speculativa e contemplativa nella prova più difficile».