“Non c’e futuro senza memoria” recitava lo striscione in testa al corteo e “non c’è memoria senza futuro” ha ribadito il rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano. Dentro e fuori dalla Sinagoga tante persone, giovani e giovanissimi di etnie diverse con le torce a illuminare il cammino della memoria da via Assarotti al teatro Carlo Felice, dove si sono avvicendati il Sindaco Marco Doria, Piero Dello Strologo, Andrea Chiappori della Comunità di Sant’Egidio, Ariel Dello Strologo in rappresentanza della comunità ebraica di Genova e il giornalista Gad Lerner.
"C'è una dimensione della storia come storia individuale delle persone, di tante persone - ha affermato il sindaco - Gli ebrei italiani nel 1938 vennero colpiti dalle leggi razziali imposte dal fascismo. Provvedimenti odiosi, bambini espulsi dalle scuole, ebrei cacciati dal lavoro, una condizione di inferiorità in un mondo che stava precipitando verso la guerra. Poi, nel 1943, con l’occupazione tedesca, le retate, gli arresti di massa, le deportazioni".
"L'altra dimensione della storia - ha proseguito Marco Doria - è quella politica, delle grandi scelte collettive". A questo proposito il sindaco ha richiamato una "splendida lezione" tenuta a Genova, ricevendo il premio Levi, da Agnes Heller: "Ha evidenziato che il momento e il fenomeno della Shoah furono unici ma le radici e i fattori che li resero possibili si possono ripetere. Il razzismo e l’intolleranza si accanirono in particolare contro gli ebrei, ma anche contro gli zingari o le popolazioni slave, lo sterminio colpì persone di varia condizione, tra cui gli omosessuali".
"Nella dimensione delle grandi scelte collettive - ha osservato ancora Doria - ci fu chi restò vittima e chi assunse il ruolo di carnefice, chi rimase indifferente e chi aiutò i perseguitati".
Infine, il sindaco ha sottolineato il ruolo della memoria. "È importante coltivare la memoria - ha detto - perché con il tempo scolorano i ricordi dei testimoni. Sul ricordo di questi eventi si gioca una partita complessa di distorsione della realtà. Tenendo viva la memoria combattiamo in difesa della verità contro chi vuole negarla, nasconderla, modificarla. Il dovere civile della memoria si deve sempre accompagnare ad una coscienza critica che faccia intendere la dimensione politica dei fenomeni e ne tragga i valori ai quali è necessario ispirare i nostri comportamenti attuali.
La memoria è molto importante nel presente, ma molti nel presente vivono senza memoria. La memoria è parte della nostra identità individuale e collettiva, ma la nostra identità può cambiare a seconda che si conservi o meno la memoria.
Il ricordo del 1943 ci aiuta nel 2013, mentre siamo chiamati ad una scelta contro il razzismo, l’omofobia, per la tolleranza, l’accettazione dell’altro, il rispetto pieno della dignità della persona. Ecco perché momenti come quello odierno sono davvero utili per il nostro presente".
“La cosa più bella” - ha notato Gad Lerner al termine della manifestazione - "è che dentro questo salotto di Genova ci sono tanti ragazzi impegnati nel sociale, nella solidarietà, nella pace contro le discriminazioni”. Lerner si è soffermato sul pericolo dell’abitudine e sulla necessità di riportare la memoria all’oggi, un oggi fatto di altre discriminazioni, “similitudini scivolosissime” - ha sottolineato il giornalista, mettendo in relazione le persone stipate oggi sui barconi della speranza con quelle ammassate ieri sui carri diretti ai campi di concentramento.
"C'è una dimensione della storia come storia individuale delle persone, di tante persone - ha affermato il sindaco - Gli ebrei italiani nel 1938 vennero colpiti dalle leggi razziali imposte dal fascismo. Provvedimenti odiosi, bambini espulsi dalle scuole, ebrei cacciati dal lavoro, una condizione di inferiorità in un mondo che stava precipitando verso la guerra. Poi, nel 1943, con l’occupazione tedesca, le retate, gli arresti di massa, le deportazioni".
"L'altra dimensione della storia - ha proseguito Marco Doria - è quella politica, delle grandi scelte collettive". A questo proposito il sindaco ha richiamato una "splendida lezione" tenuta a Genova, ricevendo il premio Levi, da Agnes Heller: "Ha evidenziato che il momento e il fenomeno della Shoah furono unici ma le radici e i fattori che li resero possibili si possono ripetere. Il razzismo e l’intolleranza si accanirono in particolare contro gli ebrei, ma anche contro gli zingari o le popolazioni slave, lo sterminio colpì persone di varia condizione, tra cui gli omosessuali".
"Nella dimensione delle grandi scelte collettive - ha osservato ancora Doria - ci fu chi restò vittima e chi assunse il ruolo di carnefice, chi rimase indifferente e chi aiutò i perseguitati".
Infine, il sindaco ha sottolineato il ruolo della memoria. "È importante coltivare la memoria - ha detto - perché con il tempo scolorano i ricordi dei testimoni. Sul ricordo di questi eventi si gioca una partita complessa di distorsione della realtà. Tenendo viva la memoria combattiamo in difesa della verità contro chi vuole negarla, nasconderla, modificarla. Il dovere civile della memoria si deve sempre accompagnare ad una coscienza critica che faccia intendere la dimensione politica dei fenomeni e ne tragga i valori ai quali è necessario ispirare i nostri comportamenti attuali.
La memoria è molto importante nel presente, ma molti nel presente vivono senza memoria. La memoria è parte della nostra identità individuale e collettiva, ma la nostra identità può cambiare a seconda che si conservi o meno la memoria.
Il ricordo del 1943 ci aiuta nel 2013, mentre siamo chiamati ad una scelta contro il razzismo, l’omofobia, per la tolleranza, l’accettazione dell’altro, il rispetto pieno della dignità della persona. Ecco perché momenti come quello odierno sono davvero utili per il nostro presente".
“La cosa più bella” - ha notato Gad Lerner al termine della manifestazione - "è che dentro questo salotto di Genova ci sono tanti ragazzi impegnati nel sociale, nella solidarietà, nella pace contro le discriminazioni”. Lerner si è soffermato sul pericolo dell’abitudine e sulla necessità di riportare la memoria all’oggi, un oggi fatto di altre discriminazioni, “similitudini scivolosissime” - ha sottolineato il giornalista, mettendo in relazione le persone stipate oggi sui barconi della speranza con quelle ammassate ieri sui carri diretti ai campi di concentramento.