Genova non dimentica le sue ferite
Tre giorni di fuoco attorno alla zona rossa

Il ricordo degli eventi principali a dieci anni dagli scontri che portarono alla morte di Carlo Giuliani. Dalla manifestazione dei migranti ai soprusi della Diaz e di Bolzaneto. Un flash back in compagnia dei versi di uno dei più “impegnati” cantautori italiani

Testo Alternativo
Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare, recita Francesco Guccini in una delle più sentite odi a quelle tragiche, calde giornate di luglio 2001. Ripercorrerle significa riprendere la traccia aperta di una ferita, che nel corso di questi dieci anni è rimasta amara e indelebile, non solo nel cuore di chi vive la città tutti i giorni, ma nello spirito di chi dalla lotta di quei giorni traeva sostanza vitale per i propri sogni di cambiamento.

LA ZONA ROSSA, giovedì 19 luglio 2001. Genova chiusa da sbarre, Genova soffre come in prigione, Genova marcata a vista attende un soffio di liberazione. Sui giornali, c’è chi diffonde il fascicolo preparato dalla Questura con cui si dividono i manifestanti in gruppi di colore a seconda della loro potenziale pericolosità, e c’è chi elenca una serie infinita di azioni sovversive dal lancio di frutta con lamette di rasoio a quello di migliaia di palloncini con sangue infetto. La strategia del terrore inizia a dare i suoi frutti: le strade di Genova, spaccata in tre dalla zona rossa off-limits e quella gialla ad accessi ipercontrollati, si sono ormai svuotate di chi solitamente le popola. La città è diventata patria improvvisata di chi non vuole che l’economia mondiale sia gestita solo da un ristretto gruppo di potenti.
È la giornata della prima manifestazione: per i diritti degli extracomunitari e degli immigrati, si muovono in corteo oltre 50 mila persone. Non si registrano incidenti. 

CARLO GIULIANI, venerdì 20 luglio 2001. Genova non sa ancora niente, lenta agonizza, fuoco e rumore, ma come quella vita giovane spenta, Genova muore. Il giorno delle manifestazioni più calde, quelle che nella maggior parte dei casi hanno l’obiettivo di violare, più o meno pacificamente, i blocchi a protezione della zona rossa. Nel pomeriggio giungono le voci dei primi scontri, nei pressi della stazione Brignole: ad accendere la miccia un gruppo di violenti che provoca la reazione delle forze dell’ordine, la cui carica di risposta si riversa sulla folla inerme. L’allora presidente della Provincia di Genova, Marta Vincenzi, è tra i primi cittadini a segnalare la presenza di possibili infiltrati armati: messaggi che cadono nel vuoto, senza alcuna reazione da parte di carabinieri e polizia.
I focolai, intanto, si moltiplicano a macchia d’olio: Marassi, Manin, Forte San Giuliano, piazza Giusti. Da qui la situazione inizia a precipitare. La parabola della violenza sta rapidamente raggiungendo il suo apice. La goccia che fa traboccare l’oceano è il blocco del corteo delle Tute Bianche in via Tolemaide, da parte delle forze dell’ordine, intorno alle 15. Dopo le cariche e gli scontri, Genova non è più la stessa. Due ore dopo, nella vicina piazza Alimonda, circa una settantina di carabinieri viene respinta dai manifestanti che, in seguito alla cariche precedenti, si erano visti precludere qualsiasi via di fuga. Durante la ritirata, una Land Rover del reparto mobile resta bloccata esponendosi all’assalto di una quindicina di persone che si erano lanciate all’inseguimento. Tra queste, un giovane ventitreenne genovese che raccoglie un estintore appena lanciato, da altri, contro il camioncino… Si rompe il tempo e l'attimo, per un istante, resta sospeso, poi l'assurdo video ritorna acceso; marionette si muovono, cercando alibi per quelle vite dissipate e disperse nell'aspro odore della cordite… Lo sparo con cui il carabiniere Mario Placanica gli toglie la vita riecheggia ancora oggi nel ricordo di molti, insieme alle immagini del mezzo in fuga che investe due volte il corpo ferito. Il ragazzo si chiamava Carlo Giuliani. 

DIAZ E BOLZANETO, sabato 21 luglio 2001. Genova, quella giornata di luglio, d'un caldo torrido d'Africa nera. Sfera di sole a piombo, rombo di gente, tesa atmosfera. Nera o blu l'uniforme, precisi gli ordini, sudore e rabbia; facce e scudi da Opliti, l'odio di dentro come una scabbia. Una notte non può certo cambiare le cose: già dalle prime ore si capisce che si assisterà allo stesso film iniziato il giorno prima. Gli organizzatori parlano addirittura di 300 mila persone in corteo, con i pacifisti costretti nuovamente ad arrendersi agli scontri tra gli infiltrati violenti e le Forze dell’ordine.
In serata il blitz alle scuole Diaz, punto di ritrovo del Genoa Social Forum, e Pascoli, dove dormivano molti giornalisti stranieri accreditati. Tutti gli occupanti vengono arrestati e la maggior parte picchiata selvaggiamente con il pretesto di una perquisizione per una sospetta presenza di simpatizzanti Black block. Le immagini che arriveranno dagli edifici mostrano una violenza inaudita. La versione ufficiale della Questura di Genova, in una conferenza stampa senza la possibilità per i giornalisti di porre alcuna domanda, fu che molte delle ferite e delle contusioni lamentate dai manifestanti sarebbero state pregresse. Tutti gli arrestati vennero poi rilasciati: con il tempo le accuse mosse decaddero e le analisi dei magistrati iniziarono a concentrarsi sugli abusi di polizia e carabinieri.
Ma la pagina più nera doveva ancora consumarsi. O meglio, doveva ancora venire a galla. Solo con i primi rilasci, la settimana successiva, arriveranno le forti accuse contro le Forze dell’ordine per le inumane violenze compiute nella caserma di Bolzaneto, al di là di ogni rispetto dei più basilari diritti umani. Un insieme di violenze fisiche e psicologiche che neanche dieci anni di processi sono riusciti ad affievolire.

QUEL CHE RIMANE, domenica 22 luglio 2001. Poi tutto ricomincia come ogni giorno e chi ha la ragione, dico nobili uomini, danno implacabile giustificazione, come ci fosse un modo, uno soltanto, per riportare una vita troncata, tutta una vita da immaginare. Genova non ha scordato perché è difficile dimenticare. Da qui, iniziano dieci anni di storia italiana ed europea in cui chi ha subito condanne civili e penali è stato poi “premiato” sul campo con promozioni e carriere sfolgoranti, e chi porta ancora addosso i segni di quei soprusi non ha mai trovato piena giustizia. Resta, amara e indelebile, la traccia aperta di una ferita. 

* I versi in corsivo riprendono liberamente il testo della canzone Piazza Alimonda scritta da Francesco Guccini
Genova, 20 luglio 2011
Ultimo aggiornamento: 22/07/2011
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