I soldi sono pochi, ma è un rilancio.
È positivo il bilancio del progetto “Sunrise” tracciato il 16 gennaio nella riunione congiunta delle Commissioni 2 e 7, presiedute, con la partecipazione dell’assessore alla Legalità e Diritti e alle pari opportunità, da Maddalena Bartolini e Cristina Lodi.
Il progetto costa solo 142 mila euro per tutta la Liguria, di cui 127 mila per la sola Genova. Il Dipartimento Pari Opportunità, attraverso la Regione, lo finanzia con 99 mila euro, di cui quasi 96 mila sono destinati al capoluogo. Il Comune contribuisce con 31 mila euro, portando a 127 mila la quota investita su Genova e provincia; quasi 12 mila euro vengono dalle casse di altri enti locali liguri.
Un investimento limitato, ma Letizia Santolamazza, dirigente responsabile del Settore Promozione Sociale del Comune di Genova, ha sottolineato che «l’azione congiunta su tutto il territorio regionale e l’intervento diretto dell’ente Regione garantiscono al progetto la “massa critica” che permette di avere più peso nella relazione con il governo».
Genova rimane così nella rete nazionale dei progetti di contrasto al fenomeno della tratta. Lo specifico dell’intervento cittadino si è modificato, con una maggiore specializzazione. Il servizio si dedica infatti perlopiù alle donne in gravidanza o che abbiano con sé figli nati in Italia. Con le mamme e con i loro bambini, negli ultimi anni, il “Sunrise”, che già era particolarmente dedicato alle donne, aveva ottenuto risultati particolarmente buoni; da qui la scelta di specializzarsi.
Le vittime di tratta altro tipo, cioè le donne senza minori a carico, gli uomini e i minori senza genitori, sono accolti, se chiedono aiuto nella nostra città, ma indirizzati ad altri progetti sul territorio nazionale.
Rimangono, ovviamente, altre priorità: in primo luogo i casi segnalati dalle forze dell’ordine in seguito a indagini sullo sfruttamento della prostituzione e le donne che, denunciando gli sfruttatori, siano in pericolo; poi donne inviate, per motivi di protezione, da progetti analoghi di altre parti del Paese. Per una donna, in molti casi, seguire un percorso di inserimento sociale e lavorativo nella stessa città in cui un’organizzazione criminale l’ha sfruttata può essere pericoloso.
Sono mantenute le principali attività del “Sunrise”: il segretariato sociale, l’accoglienza, la presa in carico da parte di un operatore, la mediazione culturale, l’accoglienza in una comunità di primo livello, corsi di lingua italiana, l’intervento di una psicologa del Comune, le pratiche per il permesso di soggiorno, l’assegnazione della residenza con un recapito presso uffici comunali, comunità di secondo livello, percorsi di inserimento lavorativo e verso l’indipendenza abitativa e l’inserimento sociale.
È un modello che funziona, se si considerano i dati dell’inserimento lavorativo delle donne seguite nel 2011 dall’organizzazione, a cui collaborano gli uffici comunali delle Politiche del Lavoro: di 130 donne seguite, il 33 per cento si sono inserite nel commercio, il 14 nei servizi alle imprese, il 44 nei servizi alla persona, il 5 nel lavoro autonomo.
Elena Fiorini, con un discorso di carattere più generale, ha definito gli assi d’intervento di un piano che deve essere tarato sui singoli territori, con le loro specificità.
In primo luogo la prevenzione e la riduzione del danno; poi la repressione dei fenomeni criminali (non la prostituzione che non è reato, ma lo sfruttamento e la tratta); la gestione del conflitto creato dalla presenza della prostituzione nei vari quartieri, necessaria perché, ammonisce l’assessora, «nel conflitto tutti rischiano di rimetterci»; l’offerta di percorsi di inserimento sociale e lavorativo; continuare a riprendere il controllo degli spazi degradati attraverso l’inserimento di attività legali.
Rita Falaschi, responsabile dell’ufficio Pari Opportunità della Provincia, ha descritto l’andamento dei finanziamenti governativi per i progetti per le vittime di tratta (ex articolo 18 della Legge 11 agosto 2003, n. 228) e di grave sfruttamento (ex articolo 13 della stessa legge).
Tra il 2006 e il 2011 il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio ha stanziato ogni anno, per tutto il territorio nazionale, 13 milioni di euro. Nel 2011 il finanziamento si è ridotto a 8 milioni, cifra mantenuta dal governo Monti, che ha attribuito metà dell’importo all’articolo 13 e metà al 18.
Per mancanza di fondi la Provincia ha così dovuto rinunciare alle proprie Unità di Strada, che garantivano 4 uscite settimanali nel centro storico, 3 notturne e una diurna, per instaurare un contatto con le prostitute e avviarle ai percorsi di recupero: un servizio fondamentale ma costoso, vista la necessità di retribuire adeguatamente il lavoro notturno.
A ciò si aggiunga che, per responsabilità dei governi, negli ultimi due anni il servizio del numero verde antitratta, fondamentale per garantire opportunità di accesso ai vari progetti sul territorio nazionale, non è stato pubblicizzato.
La Provincia mantiene la collaborazione con il Comune, anche collaborando alla gestione di uno sportello, e mantiene l’attività di distribuzione di preservativi alle prostitute, pratica che le può aiutare ad attenuare il controllo dello sfruttatore su di loro (al numero di condom usati corrisponde il numero di clienti e perciò la cifra da versare) e a rifiutare con maggiore determinazione le richieste, da parte di molti, troppi clienti, di rapporti non protetti.
Fiorini, nelle conclusioni, ha sintetizzato gli ottimi risultati del “Sunrise”: tra il 2001e il 2011, su 1396 donne seguite, solo 209 abbandoni (il 15 per cento). Il fenomeno tratta riguarda a Genova principalmente donne, adulte o minori, costrette alla prostituzione, mentre altre tipologie di vittime (uomini o minori costretti all’accattonaggio, ad attività illegali o al lavoro nero) sono meno presenti o meno evidenti, più difficili da avvicinare.
La qualità del progetto è per quanto possibile mantenuta, ma la carenza di soldi ha reso necessaria una contrazione dei tempi dell’accoglienza e della residenzialità.
Importanti sono le attività di prevenzione, in particolare il recupero delle aree degradate e l’educazione ai sentimenti, come nel caso dell’iniziativa del Municipio Centro Ovest, rivolta alle scuole. Grazie ad attività di questo tipo si può sperare in un futuro popolato da giovani maschi sessualmente più maturi, che non abbiano bisogno di un rapporto violento con la donna e della sua riduzione a oggetto.
È positivo il bilancio del progetto “Sunrise” tracciato il 16 gennaio nella riunione congiunta delle Commissioni 2 e 7, presiedute, con la partecipazione dell’assessore alla Legalità e Diritti e alle pari opportunità, da Maddalena Bartolini e Cristina Lodi.
Il progetto costa solo 142 mila euro per tutta la Liguria, di cui 127 mila per la sola Genova. Il Dipartimento Pari Opportunità, attraverso la Regione, lo finanzia con 99 mila euro, di cui quasi 96 mila sono destinati al capoluogo. Il Comune contribuisce con 31 mila euro, portando a 127 mila la quota investita su Genova e provincia; quasi 12 mila euro vengono dalle casse di altri enti locali liguri.
Un investimento limitato, ma Letizia Santolamazza, dirigente responsabile del Settore Promozione Sociale del Comune di Genova, ha sottolineato che «l’azione congiunta su tutto il territorio regionale e l’intervento diretto dell’ente Regione garantiscono al progetto la “massa critica” che permette di avere più peso nella relazione con il governo».
Genova rimane così nella rete nazionale dei progetti di contrasto al fenomeno della tratta. Lo specifico dell’intervento cittadino si è modificato, con una maggiore specializzazione. Il servizio si dedica infatti perlopiù alle donne in gravidanza o che abbiano con sé figli nati in Italia. Con le mamme e con i loro bambini, negli ultimi anni, il “Sunrise”, che già era particolarmente dedicato alle donne, aveva ottenuto risultati particolarmente buoni; da qui la scelta di specializzarsi.
Le vittime di tratta altro tipo, cioè le donne senza minori a carico, gli uomini e i minori senza genitori, sono accolti, se chiedono aiuto nella nostra città, ma indirizzati ad altri progetti sul territorio nazionale.
Rimangono, ovviamente, altre priorità: in primo luogo i casi segnalati dalle forze dell’ordine in seguito a indagini sullo sfruttamento della prostituzione e le donne che, denunciando gli sfruttatori, siano in pericolo; poi donne inviate, per motivi di protezione, da progetti analoghi di altre parti del Paese. Per una donna, in molti casi, seguire un percorso di inserimento sociale e lavorativo nella stessa città in cui un’organizzazione criminale l’ha sfruttata può essere pericoloso.
Sono mantenute le principali attività del “Sunrise”: il segretariato sociale, l’accoglienza, la presa in carico da parte di un operatore, la mediazione culturale, l’accoglienza in una comunità di primo livello, corsi di lingua italiana, l’intervento di una psicologa del Comune, le pratiche per il permesso di soggiorno, l’assegnazione della residenza con un recapito presso uffici comunali, comunità di secondo livello, percorsi di inserimento lavorativo e verso l’indipendenza abitativa e l’inserimento sociale.
È un modello che funziona, se si considerano i dati dell’inserimento lavorativo delle donne seguite nel 2011 dall’organizzazione, a cui collaborano gli uffici comunali delle Politiche del Lavoro: di 130 donne seguite, il 33 per cento si sono inserite nel commercio, il 14 nei servizi alle imprese, il 44 nei servizi alla persona, il 5 nel lavoro autonomo.
Elena Fiorini, con un discorso di carattere più generale, ha definito gli assi d’intervento di un piano che deve essere tarato sui singoli territori, con le loro specificità.
In primo luogo la prevenzione e la riduzione del danno; poi la repressione dei fenomeni criminali (non la prostituzione che non è reato, ma lo sfruttamento e la tratta); la gestione del conflitto creato dalla presenza della prostituzione nei vari quartieri, necessaria perché, ammonisce l’assessora, «nel conflitto tutti rischiano di rimetterci»; l’offerta di percorsi di inserimento sociale e lavorativo; continuare a riprendere il controllo degli spazi degradati attraverso l’inserimento di attività legali.
Rita Falaschi, responsabile dell’ufficio Pari Opportunità della Provincia, ha descritto l’andamento dei finanziamenti governativi per i progetti per le vittime di tratta (ex articolo 18 della Legge 11 agosto 2003, n. 228) e di grave sfruttamento (ex articolo 13 della stessa legge).
Tra il 2006 e il 2011 il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio ha stanziato ogni anno, per tutto il territorio nazionale, 13 milioni di euro. Nel 2011 il finanziamento si è ridotto a 8 milioni, cifra mantenuta dal governo Monti, che ha attribuito metà dell’importo all’articolo 13 e metà al 18.
Per mancanza di fondi la Provincia ha così dovuto rinunciare alle proprie Unità di Strada, che garantivano 4 uscite settimanali nel centro storico, 3 notturne e una diurna, per instaurare un contatto con le prostitute e avviarle ai percorsi di recupero: un servizio fondamentale ma costoso, vista la necessità di retribuire adeguatamente il lavoro notturno.
A ciò si aggiunga che, per responsabilità dei governi, negli ultimi due anni il servizio del numero verde antitratta, fondamentale per garantire opportunità di accesso ai vari progetti sul territorio nazionale, non è stato pubblicizzato.
La Provincia mantiene la collaborazione con il Comune, anche collaborando alla gestione di uno sportello, e mantiene l’attività di distribuzione di preservativi alle prostitute, pratica che le può aiutare ad attenuare il controllo dello sfruttatore su di loro (al numero di condom usati corrisponde il numero di clienti e perciò la cifra da versare) e a rifiutare con maggiore determinazione le richieste, da parte di molti, troppi clienti, di rapporti non protetti.
Fiorini, nelle conclusioni, ha sintetizzato gli ottimi risultati del “Sunrise”: tra il 2001e il 2011, su 1396 donne seguite, solo 209 abbandoni (il 15 per cento). Il fenomeno tratta riguarda a Genova principalmente donne, adulte o minori, costrette alla prostituzione, mentre altre tipologie di vittime (uomini o minori costretti all’accattonaggio, ad attività illegali o al lavoro nero) sono meno presenti o meno evidenti, più difficili da avvicinare.
La qualità del progetto è per quanto possibile mantenuta, ma la carenza di soldi ha reso necessaria una contrazione dei tempi dell’accoglienza e della residenzialità.
Importanti sono le attività di prevenzione, in particolare il recupero delle aree degradate e l’educazione ai sentimenti, come nel caso dell’iniziativa del Municipio Centro Ovest, rivolta alle scuole. Grazie ad attività di questo tipo si può sperare in un futuro popolato da giovani maschi sessualmente più maturi, che non abbiano bisogno di un rapporto violento con la donna e della sua riduzione a oggetto.