La micriminalità, le mafie, la necessità di presidiare il territorio, l’abusivismo commerciale, la riorganizzazione dei vertici della questura. Le domande piovono nella conferenza stampa di presentazione del nuovo questore di Genova Massimo Mazza, 60 anni, in arrivo da Como in sostituzione di Filippo Piritore, che ha lasciato il suo posto domenica scorsa. Le domande piovono, ma il neo questore cerca di dribblarle con l’abilità del calciatore: non per niente da giovane giocava a calcio come suo padre, che negli anni Quaranta, militava da professionista nel Genoa (anche se io sono tifoso dell’Inter, precisa, e mio figlio è doriano).
D’altro canto, a 24 ore dall’insediamento, anche se si può immaginare che di questa città sappia molto più di quello che voglia far credere, è normale che non voglia esporsi. Anzi dichiara di esserci stato solo 4 volte prima: da studente universitario, per un convegno a Palazzo Ducale, per un’indagine quando dirigeva la squadra mobile di Bologna e per visitare l’acquario appena aperto.
La micro-criminalità, innanzitutto, quella che ha fatto alzare la tensione, negli ultimi mesi a Genova, al punto da far chiedere al sindaco un maggiore presidio del territorio da parte delle forze dell’ordine. Quali saranno i primi passi che il questore intende compiere per dare una risposta concreta a questa richiesta?
«E’ un problema che interessa tutte le grandi città, ma è un lavoro che dovremo svolgere tutti insieme; noi siamo assolutamente disponibili a confrontarci con tutte le istituzioni, per trovare soluzioni. Come collaborare con le altre forze dell’ordine lo studieremo insieme. Noi dobbiamo manifestare la nostra vicinanza ai cittadini e la nostra presenza sul territorio. È questo lo scopo del nostro lavoro: trasmettere sicurezza è la nostra missione. Con le altre istituzioni dovremo avere un rapporto di scambio di notizie, di informazioni per capire quali possono essere le necessità, e all’interno di queste il nostro ruolo».
Quindi rinnova la sua disponibilità ad affrontare tutti i temi. Con un distinguo per quanto riguarda i giovani: un conto è il disagio, un altro sono le gang. «Nel primo caso credo che debbano intervenire le altre istituzioni, anche se noi non faremo mancare il nostro aiuto e la nostra esperienza; nel secondo il discorso è più grave, va approfondito, e sicuramente la competenza è nostra».
Ma come si può garantire una maggiore presenza sul territorio se i sindacati di polizia denunciano gravi carenze di organico proprio a Genova? «Penso che questo passi attraverso la riorganizzazione degli uffici. Non userei il problema delle carenze di organico come una giustificazione: con le risorse umane e professionali che abbiamo dobbiamo riuscire a garantire la sicurezza ai cittadini».
E i tanto contestati poliziotti di quartiere, che a Genova sono una quarantina e qualcuno ritiene dovrebbero essere richiamati a compiti investigativi? Per il questore Mazza, il poliziotto di quartiere altro non è che «una pattuglia vera e propria, non un uomo sprecato. Bisogna semmai vedere se non sia necessario rivitalizzare il servizio: se questo è ben svolto, ha un ruolo importante soprattutto dove non si può girare in auto. Io vedo questa figura positivamente, ma deve avere un significato, è la qualità del lavoro che conta. E’ fare una passeggiata che non ha senso, a piedi o in auto che sia... Ma su questo posso solo esprimere una mia idea, se il servizio a Genova funzioni o meno non posso dirlo, devo parlare con i responsabili, vedere i dati, è ancora presto».
Criminalità organizzata: la sua presenza in città è indubbia. Le mafie ci sono e si radicano dove c’è ricchezza. «E Genova è una città in cui la ricchezza non manca. Bisogna vedere quanto questo fenomeno è radicato sul territorio e quanto è infiltrato nel tessuto sociale».
I rapporti con la magistratura, che dopo il G8 sono rimasti non certo idilliaci? «Ho il massimo rispetto per la magistratura, ho avuto qualche incontro casuale ma intendo incontrare tutti i vertici in maniera ufficiale e instaurare i normali rapporti che devono intercorrere tra due istituzioni che collaborano nel massimo rispetto reciproco e nell’interesse dei cittadini».
E l’improvviso cambio della guarda dei vertici della questura, che ha coinvolto buona parte dei dirigenti? «Un normale avvicendamento nel segno del rinnovamento. Non lo interpreto, come ho letto su qualche giornale, come una volontà punitiva, una epurazione. E poi, ancora non ci sono stati tutti questi cambiamenti…».
Infine un cenno ai servizi amministrativi e a quelli dedicati agli stranieri, da rendere assolutamente efficienti e trasparenti: «Sono forse meno appariscenti, ma altrettanto importanti di tutti gli altri».
Massimo Mazza, di Crema, laureato in Scienze politiche a Milano, entra in polizia nel 1978, rimanendo nella questura milanese dal 1982 al 1992 (volanti, squadra mobile) per passare poi alla Direzione Investigativa Antimafia fino al 1994 ed essere trasferito a Bologna come capo della mobile fino al ’97. Quindi la nomina a primo dirigente e nel 1998 l’incarico di responsabile prima della Criminalpol Lombardia poi della Mobile di Milano fino al 2000. Quindi la nomina a Questore con incarico prima a Pisa e poi a Como.
D’altro canto, a 24 ore dall’insediamento, anche se si può immaginare che di questa città sappia molto più di quello che voglia far credere, è normale che non voglia esporsi. Anzi dichiara di esserci stato solo 4 volte prima: da studente universitario, per un convegno a Palazzo Ducale, per un’indagine quando dirigeva la squadra mobile di Bologna e per visitare l’acquario appena aperto.
La micro-criminalità, innanzitutto, quella che ha fatto alzare la tensione, negli ultimi mesi a Genova, al punto da far chiedere al sindaco un maggiore presidio del territorio da parte delle forze dell’ordine. Quali saranno i primi passi che il questore intende compiere per dare una risposta concreta a questa richiesta?
«E’ un problema che interessa tutte le grandi città, ma è un lavoro che dovremo svolgere tutti insieme; noi siamo assolutamente disponibili a confrontarci con tutte le istituzioni, per trovare soluzioni. Come collaborare con le altre forze dell’ordine lo studieremo insieme. Noi dobbiamo manifestare la nostra vicinanza ai cittadini e la nostra presenza sul territorio. È questo lo scopo del nostro lavoro: trasmettere sicurezza è la nostra missione. Con le altre istituzioni dovremo avere un rapporto di scambio di notizie, di informazioni per capire quali possono essere le necessità, e all’interno di queste il nostro ruolo».
Quindi rinnova la sua disponibilità ad affrontare tutti i temi. Con un distinguo per quanto riguarda i giovani: un conto è il disagio, un altro sono le gang. «Nel primo caso credo che debbano intervenire le altre istituzioni, anche se noi non faremo mancare il nostro aiuto e la nostra esperienza; nel secondo il discorso è più grave, va approfondito, e sicuramente la competenza è nostra».
Ma come si può garantire una maggiore presenza sul territorio se i sindacati di polizia denunciano gravi carenze di organico proprio a Genova? «Penso che questo passi attraverso la riorganizzazione degli uffici. Non userei il problema delle carenze di organico come una giustificazione: con le risorse umane e professionali che abbiamo dobbiamo riuscire a garantire la sicurezza ai cittadini».
E i tanto contestati poliziotti di quartiere, che a Genova sono una quarantina e qualcuno ritiene dovrebbero essere richiamati a compiti investigativi? Per il questore Mazza, il poliziotto di quartiere altro non è che «una pattuglia vera e propria, non un uomo sprecato. Bisogna semmai vedere se non sia necessario rivitalizzare il servizio: se questo è ben svolto, ha un ruolo importante soprattutto dove non si può girare in auto. Io vedo questa figura positivamente, ma deve avere un significato, è la qualità del lavoro che conta. E’ fare una passeggiata che non ha senso, a piedi o in auto che sia... Ma su questo posso solo esprimere una mia idea, se il servizio a Genova funzioni o meno non posso dirlo, devo parlare con i responsabili, vedere i dati, è ancora presto».
Criminalità organizzata: la sua presenza in città è indubbia. Le mafie ci sono e si radicano dove c’è ricchezza. «E Genova è una città in cui la ricchezza non manca. Bisogna vedere quanto questo fenomeno è radicato sul territorio e quanto è infiltrato nel tessuto sociale».
I rapporti con la magistratura, che dopo il G8 sono rimasti non certo idilliaci? «Ho il massimo rispetto per la magistratura, ho avuto qualche incontro casuale ma intendo incontrare tutti i vertici in maniera ufficiale e instaurare i normali rapporti che devono intercorrere tra due istituzioni che collaborano nel massimo rispetto reciproco e nell’interesse dei cittadini».
E l’improvviso cambio della guarda dei vertici della questura, che ha coinvolto buona parte dei dirigenti? «Un normale avvicendamento nel segno del rinnovamento. Non lo interpreto, come ho letto su qualche giornale, come una volontà punitiva, una epurazione. E poi, ancora non ci sono stati tutti questi cambiamenti…».
Infine un cenno ai servizi amministrativi e a quelli dedicati agli stranieri, da rendere assolutamente efficienti e trasparenti: «Sono forse meno appariscenti, ma altrettanto importanti di tutti gli altri».
Massimo Mazza, di Crema, laureato in Scienze politiche a Milano, entra in polizia nel 1978, rimanendo nella questura milanese dal 1982 al 1992 (volanti, squadra mobile) per passare poi alla Direzione Investigativa Antimafia fino al 1994 ed essere trasferito a Bologna come capo della mobile fino al ’97. Quindi la nomina a primo dirigente e nel 1998 l’incarico di responsabile prima della Criminalpol Lombardia poi della Mobile di Milano fino al 2000. Quindi la nomina a Questore con incarico prima a Pisa e poi a Como.